Dopo la multa di 7mila euro, il commerciante non cede: "Cercansi commesse diciottenni libere da impegni familiari"
L'Ispettorato del Lavoro lo aveva sanzionato con una multa salata. Lui, imperterrito, ripropone il cartello polemico: "Ho il diritto di fare ciò che voglio nella mia azienda".
"Errare è umano, ma perseverare è diabolico" recita una celebre locuzione latina entrata nel linguaggio comune come aforisma. Di questo popolare detto ne può sapere qualcosa il commerciante di Asiago multato ad inizio maggio per aver esposto in vetrina un cartello finito al centro delle polemiche perché riportava la scritta "Cercansi commesse diciottenni libere da impegni familiari. Presentarsi dalle ore 17". La vicenda era stata immediatamente giudicata dall'opinione pubblica come offensiva e discriminante, al punto tale che, alla fine, l'intervento dell'Ispettorato del Lavoro di Vicenza gli aveva recapitato una multa salatissima di 7mila euro.
A poco più di un mese dai fatti, tuttavia, l'imperterrito titolare del negozio “Magazzini Dal Sasso” non ha voluto cedere e ha riproposto il medesimo cartello sulla vetrina, affermando:
"Sono un libero professionista che non dipende da alcun sindacato e che ha il diritto di fare ciò che vuole nella propria azienda".
Dopo la multa di 7mila euro, il commerciante non cede e ripropone il cartello discriminatorio
Neanche una multa da 7mila euro lo ha fermato. Torna all'attacco Mario Dal Sasso, il commerciante di Asiago che ad inizio maggio era finito nell'occhio del ciclone per aver esposto nella vetrina del suo negozio “Magazzini Dal Sasso” un cartello che recitava: "Cercansi commesse diciottenni libere da impegni familiari. Presentarsi dalle ore 17".
A distanza di un mese dalla sanzione salatissima, il titolare dell'esercizio commerciale ha riproposto all'ingresso il medesimo cartello, considerato offensivo e discriminatorio:
"Sono un libero professionista che non dipende da alcun sindacato - ha affermato il commerciante interpellato da Il Giornale di Vicenza - e che ha il diritto di fare ciò che vuole nella propria azienda.
Il cartello non offende nessuno, non è in alcun modo denigratorio bensì chiaro nella figura che stiamo cercando di inserire nella nostra attività. Non si comprende questo accanimento nei nostri confronti da parte di alcune sigle sindacali, nei confronti delle quali noi non abbiamo nessun obbligo di esporre le nostre politiche aziendali".
“Cercansi commesse diciottenni libere da impegni familiari”
All'epoca dei fatti, inevitabile era stata l’ondata di indignazione da parte dei cittadini ma anche dei turisti nel vedere quel cartello sulla vetrina del negozio. La senatrice vicentina Daniela Sbrollini di Italia Viva ha postato la foto della vetrina sui social ed è intervenuta sulla vicenda affermando:
“Il cartello offende tutti. Le donne che sono discriminiate, gli uomini che sono praticamente esclusi. In tre righe si riassume tutto lo sconcerto per il lavoro sprecato in questi anni di lotte per le pari opportunità. Forse un dato positivo si può trovare nella sincerità del messaggio. Smaschera un concetto di base spesso nascosto, troppo frequente e sbagliato”.
Il titolare, tuttavia, aveva ribadito che non capisce il senso della polemica dato che, secondo il suo punto di vista, “chi ha figli o famiglia non è affidabile”, oltre a ribadire che se una persona si sente infastidita dal cartello “può sempre evitare di soffermarsi”.
La multa di 7mila euro
A seguito dell'ondata di polemiche, è intervenuto sulla vicenda l'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Vicenza. Gli ispettori hanno contestato al commerciante di Asiago la violazione dell'articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità (divieto di discriminazione all'accesso al lavoro).
In ragione della natura discriminatoria di un annuncio che poneva quale requisito d'accesso al lavoro distinzioni di sesso, età e condizione familiare, entrambi i legali rappresentanti erano stati sanzionati per un totale di circa 7 mila euro. Il direttore dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, Bruno Giordano aveva affermato:
"Tolleranza zero per ogni forma di discriminazione. Non si tratta solo di sanzionare; dare lavoro discriminando in base al genere, all'anagrafe, alle condizioni di vita o alle opinioni offende tutti noi. Non basta il rigetto di queste pratiche. Se a distanza di 52 anni dall'entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori dobbiamo intervenire per episodi simili, vuol dire che dobbiamo ancora professare la cultura del rispetto, prima ancora del diritto del lavoro".