Paolo La Placa vola all’IRONMAN di Kona
Noto avvocato bassanese, sorridente e con una grande determinazione. Triatleta che vola in Sud Africa e porta a casa la slot che lo porterà ai mondiali.
Paolo La Placa vola all’IRONMAN di Kona
La determinazione, la perseveranza che si mette sul piatto per raggiungere il proprio obiettivo, va di pari passo all’entità del successo che si intende raggiungere. Paolo La Placa, noto avvocato, e prossimamente in campo politico con la lista di Mattia Bonin di Cassola, trova anche tempo per volare in Sud Africa, fare una «garetta», 3mila 800 metri a nuoto, 180 chilometri in bici e per finire una maratona in 9 ore 32 minuti e 56 secondi e qualificarsi ai mondiali che saranno fatti a Kona, grazie all’ottimo tempo che lo fa arrivare undicesimo di categoria. IRONMAN di Kona, portato a casa. Per lui il quinto mondiale.
Il suo amore per il triathlon è immenso, e va di pari passo alla sua grande capacità di non cedere alla stanchezza. Gli sport da preparare per il triathlon sono tre: nuoto, bici e corsa e il tempo in una giornata, anche per lui, è di 24 ore. La parola chiave è: organizzazione. Allenamenti curati nel dettaglio dall’allenatore e amico Alessandro Degaspari e Stefano Rossi (prevalentemente per la frazione di nuoto) e alimentazione cucita su misura dal dottor Davide Ippolito. Un team. Sveglia presto alla mattina, l’allenamento del giorno, lavoro e il doppio allenamento appena le faccende del quotidiano, lo permettono. Non è facile, assolutamente, ma niente è impossibile a chi crede in ciò che fa. «Chi te lo fa fare?», sorge spontaneo chiedersi. «Perché non dovrei farlo», è la risposta che Paolo ci darebbe.
Percezione della gara?
«Gara dura, molto dura per le condizione meteo. Molto vento. Sono morti anche due atleti, in acqua. Le onde erano importanti, non è stato facile. L'oceano non ci voleva quella mattina. Una volta salito in bici, il vento non ci ha risparmiato neanche in questa frazione; raffiche a 50km/h. Nella maratona nonostante il vento e la stanchezza mi sentivo bene, l'ho chiusa in 3 ore e 14 minuti. Quinto tempo di maratona di categoria. Ho corso forte».
Nuoto, bici, corsa. Frazione venuta meglio? Dove ti sei sentito più a tuo agio?
«Nel nuoto, anche se l'oceano era molto agitato, mi sono divertito molto, ma la corsa l'ho sentita mia. Le gambe giravano proprio bene».
Gestire una gara così lunga e soprattutto dispendiosa di energie. Come riesci a calibrarti?
«Gli allenamenti studiati, l'alimentazione, sono essenziali. La determinazione, fondamentale. Ma queste tre cose, ad un certo punto, svaniscono. Si finisce la gara con il cuore. Il mio Garmin ha segnato un consumo calorico di 13mila 800 kcal. 67mila passi. Cifre da capogiro».
La frazione più impegnativa?
«Dipende, da come si gestisce la frazione della bici. Se dai tutto e non ti sai ascoltare bene e dosare, la maratona diventa un lungo calvario. Il segreto forse è sapersi calibrare, sapersi gestire le energie e non è facile, ma essenziale in una gara così lunga».
Chi porti nel cuore per tutto il tempo?
«Ho pensato molto ad Enrico. Moltissimo. Molte sue parole sono state fondamentali. Era come se fosse con me, se mi ripetesse che la slot, il pass per Kona, la dovevo prendere a tutti i costi».
«Tu» chiamalo solo sport, per molti è vita.
Alte prestazioni? Cibo come alleato vincente
«Nessuno di questi cambiamenti alimentari e di prestazione, sarebbero risultati così semplici se in Paolo non ci fosse una componente essenziale, la sua testa. Testardo al punto giusto da intraprendere senza problemi ogni mia indicazione. La fiducia che mi ha dedicato è stata essenziale affinché i risultati si potessero vedere», così commenta il dottor Davide Ippolito, biologo nutrizionista che da ormai cinque anni segue l’alimentazione del triatleta Paolo La Placa.
«L’alimentazione per un atleta, che sia professionista o amatore, è sempre l’ultimo tassello che viene inserito e spesso è totalmente trascurato. Si pensa spesso che basti mangiare “pulito” senza schifezze sia sufficiente, mentre l’alimentazione di un atleta o aspirante tale, è ben più articolata delle tabelle di allenamento stesse. Per capire questo basta pensare che, le metodiche di allenamento sono ferme a scoperte di 20 anni fa, mentre nel campo della nutrizione non passa mese che non si scopra qualcosa di nuovo, che ci fa prendere decisioni anche diverse rispetto a pochi mesi prima. Come una tabella di allenamento non ottimale e non personalizzata sulla persona non darà risultati soddisfacenti, così un’alimentazione non calibrata darà lo stesso scarso risultato, se non addirittura negativo».
Le primissime indicazioni.
«Al primo incontro con Paolo, ho capito subito che stava riuscendo ad esprimere solo una parte del suo potenziale, l’alimentazione che aveva avuto fino a quel momento era buona, ma non lo faceva performare come avrebbe potuto. Dovevo intervenire, ma c’era un problema, eravamo in netto ritardo, la prossima gara era alle porte. Abbiamo deciso di osare e siamo partiti con una alimentazione molto avanzata nonostante fosse solo un primo approccio. Abbiamo rischiato, ma Paolo è stato velocissimo ad adattarsi a questo tipo di alimentazione, le strategie di manipolazione nutrizionale applicate, unite alla sua genetica lo hanno portato ad essere un abilissimo metabolizzatore di grasso. Il suo corpo grazie alla nutrizione era facilitato ad utilizzare i grassi, questo ha dato la prima grande svolta, finalmente alle gare non presentava più quel senso di stanchezza, sfinimento che accompagnano spesso gli atleti da un certo punto in poi della performance a causa dell’esaurimento dello zucchero muscolare (il glicogeno). Dove tutti gli altri durante la gara erano in difficoltà ad avere un cambio di carburante, da zucchero a grassi e rimanevano “a secco”, Paolo ora riusciva a farlo meglio, sia in velocità, ma soprattutto in quantità».
Il cambiamento.
«Paolo è stato bravo a voler provare, sperimentare; è un atleta poliedrico che si è prestato molto a voler mettersi in gioco cambiando alimentazione, fidandosi e curando, sotto ogni punto di vista, le variabili che influenzano le sue prestazioni».
Secondo Step
«Il passaggio successivo è stato invece ottimizzare quella che tutti gli atleti conoscono come “carica e scarica di carboidrati pre-gara”. Prima delle gare era solito fare una scarica di glicogeno, mangiando pochissimi carboidrati per poi ricaricarsi a pochi giorni prima della gara introducendone moltissimi. Questo dava sì un miglioramento delle riserve di glicogeno, ma portava con sé tanti svantaggi, come stanchezza e sfinimento, niente che sia positivo prima di una gara così lunga. Qui la strategia è stata un cambio netto, basta scariche di zuccheri pre-gara, ma solo super-cariche i giorni prima. Questo ha portato ad avere le riserve di glicogeno super cariche, tanto quanto si aveva dopo una scarica-ricarica, ma senza avere gli effetti di stanchezza che questo causa».
Terzo Step
«Il terzo step è stato abituare l'organismo a vivere con più carboidrati, molti carboidrati, ma senza perdere la capacità di metabolizzare il grasso di deposito. Per far questo accuratamente è stato sempre necessario una valutazione specifica con plicometria e bioimpedenziometria vettoriale. Grazie a cicli specifici di alimentazione che portano progressivamente all'aumento di carboidrati, siamo riusciti aumentare il suo metabolismo (poteva mangiare di più senza ingrassare), ottimizzare il recupero e ridurre gli infortuni (poteva allenarsi di più e più intensamente). A questa gara è arrivato con una componente corporea praticamente perfetta, con poco grasso, ma non eccessivamente basso, ricaricato di glicogeno in maniera ottimale e con un’abilità metabolica ad usare i grassi di riserva veramente alta. Non poteva che essere una gara eccellente».
Un progetto che dura da cinque anni e che ad ogni step raggiunto, cerca la miglior performance in quello successivo.