Unilever addio: il dado Knorr sarà prodotto in Portogallo

Unilever assicura che lo stabilimento non chiuderà

Unilever addio: il dado Knorr sarà prodotto in Portogallo
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Dopo 54 anni lo stabilimento verenese di Unilever, situato a Sanguinetto sposterà la produzione del dado da cucina in Portogallo. Unilever assicura che lo stabilimento non chiuderà

Unilever addio: il dado Knorr sarà prodotto in Portogallo

La multinazionale ha preso la sua decisione. La produzione del dado si sposterà nel paese iberico. In questi giorni i dipendenti in sciopero stanno portando avanti un presidio davanti allo stabilimento.

Costo del lavoro inferiore

La Uniliver, proprietaria del marchio dal 2000, ha infatti deciso di lasciare lo stabilimento di Sanguinetto, in provincia di Verona, e delocalizzare la produzione del celebre dado vegetale in Portogallo. Nel paese lusitano il costo del lavoro è inferiore. Per 76 dei 161 addetti della sede veneta è già scattata la procedura di licenziamento collettivo. Il presidio dei dipendenti contro il licenziamento è cominciato alle 6 del mattino del 5 maggio, davanti allo stabilimento dove, otre al dado, si producono anche confettura e risotteria.

Le prime difficoltà già un anno fa

I problemi erano iniziati già un anno fa quando Unilever Manifacturing Italia aveva chiuso una vertenza per 28 esuberi. Gianfranco Chimirri, direttore comunicazione di Unilever Italia, aveva spiegato che la decisione di delocalizzare è legata alle «rilevanti difficoltà riscontrate a livello europeo e italiano nel settore dei dadi da brodo tradizionali, che hanno portato ad una diminuzione del fatturato di più del 10% in due anni, e dall’esigenza di rispondere alle mutate esigenze del mercato».

Lo stabilimento di Sanguinetto chiuderà?

Unilever intanto «smentisce in modo categorico la chiusura totale dello stabilimento» di Sanguinetto e «l’abbandono dell’Italia da parte di Knorr». Si continuerà, infatti, con le altre produzioni, che consistono principalmente nei dadi «jelly» (quelli gelatinosi), nei risotti in busta e nelle marmellate (queste ultime per conto terzi). «La razionalizzazione – precisa in una nota Unilever – riguarda infatti esclusivamente l’area dello stabilimento relativa ai dadi da brodo tradizionali e non le altre produzioni alimentari». L’intervento, conclude Unilever, «è necessario per garantire la sostenibilità futura dello stabilimento, consentire il prosieguo delle altre produzioni attualmente presenti e mettere il sito nelle condizioni di poter cogliere le eventuali opportunità future».

La rabbia dei sindacati

I sindacati la pensano in modo diverso. Cisl, Cgil e Uil puntano il dito contro la politica industriale della multinazionale:

«Nonostante la riorganizzazione dello scorso anno e il forte aumento dei carichi di lavoro, ha deciso senza alcun preavviso la delocalizzazione in Portogallo della produzione del dado Knorr e il licenziamento di 76 persone. Lo stabilimento di Sanguinetto lavora da 60 anni e deve essere mantenuto. L’azienda di fronte alle nostre richieste non ha fornito nessuna rassicurazione riguardo le prospettive dello stabilimento di Sanguinetto dal lato degli investimenti e tantomeno sull’arrivo di nuove produzioni. Lo stato di agitazione proseguirà».

La storia italiana del dado Knorr

La Knorr è in Italia da circa un secolo. Fondata da Carl Heinrich Theodor Knorr (1800-1875) nel 1838 a Heilbronn, una cittadina del sud-ovest della Germania, nei pressi di Stoccarda, nasce come fabbrica per la lavorazione della cicoria destinata all’industria del caffè. In seguito, grazie al progresso industriale nella produzione, passa a realizzare cibi veloci da preparare. Prima le zuppe disidratate in scatola, poi nel 1912 la produzione del dado da cucina. E’ in quel periodo che l’azienda tedesca sbarca in Italia e apre il suo primo stabilimento. Ora, le polemiche dalla fabbrica arrivano ai banchi del parlamento. Ecco le parole di Alessia Rotta vicepresidente dei deputati del Pd:

«Con Unilever ci troviamo davanti alla cronaca di una morte annunciata, davanti alla quale il governo non ha fatto nulla. I 76 licenziamenti e il mancato rinnovo del contratto nello stabilimento di Sanguinetto fanno seguito alle 28 uscite dello scorso anno, per le quali avevo già sollecitato il governo affinché intervenisse in una grave crisi aziendale e occupazionale del territorio veronese. Ma nulla è stato fatto».

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