La spesa della famiglia cresce soltanto per lo 0,1%
Se le attese sulla situazione generale e sull’occupazione risultano peggiorate bisogna sottolineare come il debito sia rimasto invariato.
La spesa della famiglia cresce soltanto per lo 0,1%
Cresce di poco la spesa della famiglia. Una conferma di come nei primi tre mesi del 2019 sia cresciuta di appena lo 0,1% rispetto al periodo precedente. Questo a causa del rialzo della spesa per servizi poiché se si guardano gli acquisti, in particolare quelli dei beni durevoli, le statistiche parlano di una diminuzione della spesa. I consumi durevoli rappresentano circa un decimo della spesa delle famiglie e l’incremento in questo comparto è da registrarsi nel forte aumento delle immatricolazioni di automobili. Anche se sono dati che rimangono ben al di sotto dei livelli precedenti l’entrata in vigore della nuova normativa sulle emissioni. E se le attese sulla situazione economica generale e sull’occupazione risultano peggiorate bisogna sottolineare anche come, nel primo trimestre del 2019, il debito delle famiglie italiane, in rapporto al reddito disponibile, sia rimasto sostanzialmente invariato (61,1%). Un livello questo molto al di sotto di quello medio dell’area europea che è del 94,1%, mentre il Pil si è mantenuto al 41,1% contro il 57,5% dell’area euro. Confermata dai dati anche l’incidenza sul reddito disponibile degli oneri sostenuti per il servizio del debito (spesa per interessi e restituzione capitale), attorno al 10%.
Decreto dignità, cos'è cambiato nell'industria?
Cosa è cambiato nell’industria dopo il decreto dignità? L’area bassanese sembra essersi adeguata a quello che si è registrato a livello regionale e cioè che i risultati in chiave positiva cominciano a farsi sentire, anche se questi dati, come ha sottolineato l’assessore regionale Elena Donazzan, «dovranno essere confermati sul medio e lungo termine». In evidenza come le trasformazioni, derivanti da contratti a tempo determinato, siano passate da una media del 20-30% ad una percentuale vicina al 40%. Da notare come nell’ultimo decennio l’andamento medio in Veneto delle trasformazioni oscillava tra le 30 e le 40mila l’anno con due importanti eccezioni: il 2015 quando per effetto degli esoneri contributivi se ne sono verificate oltre 53mila e nel 2018, con circa 60mila trasformazioni. Con i primi sei mesi del 2019 che si chiudono con un’ulteriore crescita, con 42.300 trasformazioni già effettuate pari ad incremento del 66% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un quadro che chiama in causa non solo gli effetti del «Decreto Dignità» ma anche le agevolazioni per l’assunzione di giovani fino a 35 anni, introdotte nel 2018 e confermate per il 2019, oltre a quello che i ricercatori chiamano «effetto platea» in base al quale un incremento delle assunzioni a tempo determinato determina un corrispondente incremento delle trasformazioni a distanza di 9-10 mesi. Potrebbe essere questa la spiegazione per cui nel 2018 le trasformazioni hanno raggiunto la soglia del 25%. Intervenendo in maniera rilevante sulla disciplina del lavoro a tempo determinato, il «Decreto Dignità» ha prodotto così tangibili effetti nel breve termine. Da ricordare la riduzione della durata massima dei contratti passati dai vecchi 36 mesi ai 24 attuali e del numero massimo di proroghe previste ridotte da 5 a 4, con la previsione di un costo contributivo aggiuntivo pari allo 0,5% per ogni rinnovo e la reintroduzione della necessità della causale per contratti di durata superiore a 12 mesi, proroghe comprese. Ed è ancora l’assessore Donazzan a sottolineare come
«l’aumento dei posti di lavoro sia già un buon risultato ma che nel Veneto comunque c’è un mercato del lavoro più efficace e dinamico che altrove, e per questo verrà mantenuta alta l’attenzione rispetto agli incentivi all’occupazione ma anche nel sostegno alle imprese, marcando a vista l’operato del nuovo governo».
Intanto il mondo dell’impresa per adattare le proprie esigenze occupazionali alle nuove imprese, ha reagito adottando diverse strategie: da un maggior ricorso al lavoro intermittente o al lavoro somministrato a tempo determinato all’incremento del turnover tra lavoratori a termine, passando da un più attento utilizzo di rapporti identificabili come stagionali ad una accelerazione delle trasformazioni per evitare la soglia dei 24 mesi.
Dove va l'economia? I fattori che preoccupano
Dove va l’economia? Una domanda d’obbligo alla ripresa dopo la pausa estiva dove, in chiave bassanese, le preoccupazioni non mancano. Due i fattori che preoccupano: la recente crisi di governo che allunga i tempi di quei provvedimenti economici attesi da mesi e la crisi del mercato tedesco che riguarda da vicino anche quello italiano. Con l’ultimo bollettino della Banca d'Italia che, a sua volta, segnala qualche turbolenza.
Il Pil nel secondo trimestre del 2019
Secondo le ultime elaborazioni utilizzate sui modelli previsti dalla Banca d’Italia, il Pil sarebbe rimasto stazionario o in leggero calo. Un andamento negativo dell’attività industriale che sarebbe stato controbilanciato solo in parte da un lieve aumento nei settori dei servizi e delle costruzioni.
I settori più esposti
Nel trimestre primaverile la produzione industriale sarebbe diminuita di uno 0,7%. Con i consumi elettrici che si sono ridotti mentre sono cresciuti i flussi di trasporto delle merci. Il valore aggiunto nei servizi sarebbe marginalmente aumentato.
Continua a soffrire il mondo dell’industria
Le ultime elaborazioni parlano di una produzione industriale che sarebbe tornata a scendere nel secondo trimestre, dopo essere aumentata nel periodo invernale. E le imprese prevedono un rallentamento della domanda, a causa del deteriorarsi della componente estera.
L’indice di fiducia delle imprese
Peggiorato in giugno avendo risentito del deterioramento dei giudizi sugli ordini e delle attese di produzione. Le valutazioni delle imprese sull’evoluzione nei successivi mesi segnalano una crescita moderata delle vendite che risentono del deterioramento delle aspettative sulla domanda estera.
Il futuro di imprese e piani di investimento
Il bollettino economico della Banca d’Italia parla di come «nel primo trimestre l’accumulazione di capitale sia aumentata dello 0,6%, sostenuta da una decisa accelerazione nelle costruzioni. Controbilanciati da una diminuzione degli investimenti in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, che hanno anche risentito del calo della spesa per l’acquisto di autoveicoli».
La crescita dei prezzi
La crescita media dei prezzi (1,4%) è stata inferiore di tre decimi di punto rispetto a quella registrata nel 2017. In questo quadro si deve leggere come si sia ampliata la quota di imprese che hanno indicato l’andamento della domanda come principale fattore che ha influenzato i propri prezzi (dal 25 al 42%). Da segnalare che oltre la metà delle aziende interpellate (4200) ha dichiarato di non avere aumentato i prezzi.