La crisi delle banche in Veneto: Il commento dell'avvocato Malvestio

«E’ un disastro del sistema nazionale del credito e della tutela del risparmio».

Pubblicato:

La crisi delle banche in Veneto: Il commento dell'avvocato Malvestio

E’ uno dei più noti avvocati del Veneto, grande conoscitore degli equilibri della finanza regionale, editorialista del Corriere del Veneto e collaboratore di Nordesteuropa.it. Ha pubblicato per Marsilio «Mala gestio: perché i veneti stanno tornando» e «Credito Cooperativo, Storia di uomini, bisogni, successi in Veneto: storia del Veneto e del suo sviluppo, dalle casse rurali fino alle banche di credito cooperativo». Dal suo profilo twitter: «Un tempo avvocato a Treviso; ora a Malta, a debita distanza dalla bancarotta del Bel Paese».

Avvocato Malvestio, dal voto del 2015 in poi il Veneto ha conosciuto la crisi devastante che ha colpito le sue banche regionali. Una distruzione di ricchezza che va nell’ordine dei 10 miliardi di euro, all’incirca il capitale delle due Popolari finite in liquidazione, a cui va sommata la perdita del centro direzionale delle altre grandi banche locali e la fine del vecchio mondo del credito cooperativo.

«La perdita, per la verità, è di molto maggiore: chi aveva azioni del Banco Popolare e ha partecipato agli aumenti di capitale ha perso altrettanto e forse più degli azionisti delle altre due popolari; avevamo quattro casse di risparmio che agli inizi del secolo venivano stimate poco meno di dieci miliardi e ora rimangono quote insignificanti in Unicredit e in Intesa che valgono complessivamente una frazione di quella cifra. Le Bcc sono ridotte ad articolazioni di Iccrea e Cassa Centrale. La più grande Bcc che aveva il Veneto non esiste più e i suoi sportelli hanno le insegne della Bcc di Roma. Possiamo davvero dire che nel Veneto non è rimasto quasi nulla in termini di centri decisionali».

Diciamo che la nostra Regione è stata uno degli epicentri nazionali della distruzione di ricchezza privata accumulata negli anni d’oro del «miracolo veneto».

«Quanto ai soldi il Veneto ne ha persi all’incirca come le altre parti d’Italia: il disastro è nazionale, le banche che hanno cessato l’attività sono molte decine, alcune sono in vita solo grazie all’aiuto dello Stato o dei fondi di garanzia. I danni per risparmiatori immensi in tutta Italia. E’ un disastro del sistema nazionale del credito e della tutela del risparmio. Diciamo che la gestione della crisi delle banche venete ha avuto caratteristiche peculiari ma questo è frutto di scelte dei regolatori assai più che delle particolari condizioni delle banche venete. Anche sulle Bcc forse altre scelte sarebbero state possibili ma ci sarebbe voluta una capacità di rappresentanza politica che invece non c’è stata».

Dal punto di vista economico e industriale invece qual è la sua visione sul futuro e sulla tenuta del modello veneto?

«Più giro il mondo è più mi convinco che l’etica del lavoro e la naturale propensione all’iniziativa economica del Veneto hanno ben pochi concorrenti. Adesso però i giovani più preparati non restano nel Veneto. Meno ancora si attraggono giovani brillanti, persino gli immigrati più qualificati se ne vanno. L’anarco-capitalismo che ha caratterizzato alcuni settori dell’impresa veneta fa fatica ad adeguarsi ad un mondo sempre più pieno di regole. Il debito pubblico comunque è il veleno che sta lentamente ma inesorabilmente avvelenando il futuro. La tassazione mette molti fuori mercato, il reddito disponibile per i lavoratori è una frazione di quanto essi costano. Lo Stato non è solo vorace ma anche sempre più aggressivo e sleale».

Nelle ultime statistiche sembra che anche l’Emilia Romagna abbia superato in molti indicatori economici la locomotiva veneta. Dove scorge i segni più evidenti del cambiamento in atto dell’economia veneta?

«Il Veneto è ancora una regione fortissima, i dati sull’export sono inequivocabili. Il turismo dimostra che il Veneto non è soltanto una bella regione ma ha anche una classe diffusa di imprenditori - grandi e piccoli - che la sanno vendere nel mondo, anche con il supporto di un’efficace azione pubblica. Le università, seppure con sedi proliferate come istituti tecnici, hanno ancora molti centri di ricerca di livello planetario. Tuttavia nei servizi il ritardo con Milano sta diventando sempre maggiore ed infatti quando non vanno all’estero molto giovani brillanti vanno a Milano. Il policentrismo del Veneto è splendido, con molte comunità solidali e coese però è sempre più in sofferenza: chiudono i negozi, chiudono le scuole materne, neppure la banda larga arriva dappertutto. Il sistema dei trasporti ha accumulato grandi ritardi. Difficile attrarre talenti, difficile trattenerli nei piccoli centri».

A livello di élites politiche, culturali ed economico-finanziarie, cosa è in grado di esprimere oggi il Veneto, rispetto per esempio ai grandi temi della questione ambientale, della trasformazione tecnologica, del lavoro che cambia, della società che sta diventando sempre più vecchia.

«Il referendum sull’Autonomia ha reso evidente che il Veneto ha un’identità forte ed una coesione che, probabilmente, non ha nessuna altra regione italiana. Altrettanto evidente è che la maggior parte del resto del Paese vive con fastidio questa condizione del Veneto. Il problema è che il Veneto si sente territorio di minoranza ed è trattato come tale dallo stato nazionale. Le nostre élite non provano neppure a dettare la linea a Roma come pur facevano un tempo. Sanno perfettamente che la partita a Roma è persa in partenza: il debito rende sempre più scarse le risorse e per le regioni improduttive è vitale attingere alle risorse delle regioni produttive. Nelle regioni improduttive la legge è irrisa, in quelle produttive applicata spesso spietatamente».

Seguici sui nostri canali