Rischi da Pfas, continua in Corte d'Assise il più grande processo per inquinamento mai svolto in Italia
Le richieste della parti civili ai responsabili del processo "Miteni" superano i 200 milioni di euro

Era il 6 febbraio 2025 quando il Pubblico Ministero Paolo Fietta, al Tribunale di Vicenza esponeva le conclusioni delle annose indagini svolte a carico della "Miteni" di Trissino, così ordinando alle parti la formulazione delle conclusioni.

Grande mobilitazione
In quella occasione Associazioni ambientaliste tra le quali Greenpeace e Legambiente, Amministratori locali, Comitati e gruppi informali di semplici cittadini loro malgrado esposti da decenni ai rischi da Pfas, avevano allestito un presidio all'esterno del Tribunale, aspettando in tenda l'inizio della fase finale del processo.
Era la conclusione del primo grado avanti alla Corte d’Assise di Vicenza, per l’inquinamento da Pfas causato, appunto, dallo stabilimento "Miteni", ovvero un inquinamento che ha coinvolto un territorio di 300.000 abitanti, rendendo insalubre un'area di oltre 100 chilometri quadrati, insistente su più province venete e contaminando la seconda falda acquifera d’Europa.
Si parlò, insomma, del più grande processo per inquinamento mai svolto in Italia.

Consapevolezza del reato
Tutti i dirigenti sarebbero stati consapevoli dell’inquinamento della falda che si propagava tra le province di Vicenza, Verona e Padova ma, si difesero alcuni, senza poter incidere sulle scelte aziendali ed è questo l'aspetto che, di fatto, metteva al margine soprattutto le figure subordinate locali e perciò non piaceva proprio ad Associazioni, ambientalisti ed attivisti.
Le richieste dell'accusa
Ciò non impedì, di lì ad una settimana, il 13 febbraio 2025, che nella sua lunga requisitoria il Pubblico Ministero Hans Roderich Blattner, per conto dell'accusa domandasse alla Corte d'Assise pene per un totale di 121 anni e 6 mesi a carico di 9 dei 15 imputati.
Queste, nel dettaglio, le richieste: 16 e 17 anni rispettivamente a carico di due giapponesi ex dirigenti Mitsubishi e quattro manager della lussemburghese Icig. Richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto, invece, per gli altri sei imputati: due giapponesi di Mitsubishi e quattro ex dipendenti Miteni.
Al reato ambientale si aggiunse quello di bancarotta fraudolenta addebitato alla società Fallia Miteni alla quale venivano richiesti 125 mila euro di condanna, oltre alla confisca di 437mila euro cioè tanto quanto richiesto anche a tre ex manager di Icig.
Le richieste delle parti civili
Il 27 febbraio 2025, furono le parti civili a completare le richieste di risarcimento che andarono ben oltre i 100 milioni di euro. Fra le parti lese, infatti, si insinuarono nel processo anche le richieste del Comune di Lonigo (2 milioni di euro), quelle di sette residenti della zona rossa veronese (85.000 euro) e quelle della Provincia di Vicenza, che andavano ad aggiungersi a quelle avanzate la settimana prima ovvero: 56 mil. di euro chiesti dal Ministero dell’Ambiente e 35 mil. dalla Regione Veneto.
Il giovedì della cameriera
Mentre il processo sembra destinato a non potersi concludere prima del prossimo mese di giugno, sono state anche altre le parti che sono intervenute e così, settimanalmente calendarizzate al giovedì, il 20 marzo 2025, sono stati i legali degli acquedotti a contestare a "Miteni" che le barriere anti inquinamento non funzionano e che la contaminazione continua.
Motivo per il quale sono state avanzate altre richieste per spese nelle quali gli acquedotti sono incorsi.
Quanto? Altri 29 milioni di danni richiesti dall'Avvocato Angelo Merlin che patrocinava la società del servizio idrico Viaqua ed Acque Venete per filtri e lavori che nel frattempo sono stati addebitati fra i vari oneri in bolletta ai residenti dei 174 comuni serviti tra Vicenza, Padova, Rovigo, Verona e Venezia.
Quest'altra richiesta, unitamente a quelle sopra riepilogate, fanno aumentare ad oltre 200 milioni le richieste di risarcimento delle parti civili, per danni che non finiranno mai di produrre i loro effetti, non fintanto almeno che fosse completamente bonificato il terreno già contaminato.
La posizione di Legambiente
Stefano Ciafani e Luigi Lazzaro rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente che di suo ha avanzato richieste per 330.000 euro, erano all'udienza di ieri assieme al rappresentante vicentino Piergiorgio Boscagin, delegato alle tematiche Pfas, che abbiamo raggiunto ed anche a noi ha ribadito la posizione di Legambiente:
“Legambiente chiede a gran voce ecogiustizia e un futuro senza contaminazioni per i territori inquinati da Pfas. Ci auguriamo che i giudici e la corte giungano all’accertamento definitivo delle responsabilità penali degli imputati e alla conferma che questo inquinamento da Pfas è riconducibile a un’attività economica riconosciuta dannosa per la salute pubblica e l’ambiente, comminando la giusta pena e il risarcimento del danno per chi ha condannato per anni l’inconsapevole popolazione delle province di Vicenza, Verona e Padova ad assumere acqua contaminata da Pfas, anche attraverso gli acquedotti e la rete di distribuzione idrica. Una contaminazione che ha allarmato e destabilizzato la società civile creando un senso di disorientamento e di sfiducia verso le istituzioni e le attività produttive, che non sarà affatto semplice da superare”.