Psicofarmaci come àncora di salvezza. La discesa agli inferi e la lenta risalita

Doriano Dal Zotto ora è alla guida di Acat di Schio

Psicofarmaci come àncora di salvezza. La discesa agli inferi e la lenta risalita
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La disperazione e gli psicofarmaci. Discende agli inferi, ma riesce anche a uscirne grazie a una lenta risalita. A parlare è Doriano Dal Zotto, 63 anni, presidente di Acat di Schio.

La discesa agli inferi

«La mia è stata una dipendenza da psicofarmaci. E’ durata solo sei mesi, ma è stata pur sempre una dipendenza dalla quale era fondamentale uscirne». A raccontarsi è Doriano Dal Zotto, 63 anni, presidente di Acat Pedemontana - Associazione dei club alcologici territoriali che ha sede in via Manin 1 a Schio - che con orgoglio ammette che oramai "Sono trent’anni che ho chiuso con psicofarmaci, alcol e fumo. Ora la mia vita è cambiata, in meglio". Invitato a riflettere ad alta voce su cosa l’abbia portato ad aggrapparsi alle pasticche, Dal Zotto si racconta a cuore aperto.

La disperazione

"Avevo grandi crisi di ansia e così prima di affrontare una giornata dovevo assumere degli psicofarmaci. Pensavo fossero la mia àncora di salvezza, invece si sono rivelati la mia prigione, ma grazie ai gruppi di mutuo aiuto ne sono uscito". Ad un certo punto della vita, infatti, Dal Zotto si rende conto che la sua àncora si stava sgretolando e lo stava tirando verso il fondo. "Mi sono reso conto che rischiavo di avere grossi problemi sul lavoro - riprende l’uomo - e allora ho capito che dovevo riprendere in mano la mia vita così ho deciso di fare qualcosa". A quel punto la svolta: bussa alla porta di Acat che gli viene spalancata con un grande sorriso e così inizia a raccontarsi e ad ascoltare. Frequenta il gruppo una volta alla settimana e, per un’ora e mezza ogni volta, prima ascolta e poi, piano piano scoprendo di non essere da solo, si racconta. Insieme si danno forza e coraggio e, insieme, risalgono la china. Lentamente ma in modo definitivo. "Ho contattato il Sert e poi mi sono messo in gioco - racconta Dal Zotto - Nei gruppi ci si confronta, si parla, nessuno giudica o dà consigli. Ognuno racconta la propria esperienza e ne fa tesoro anche in base alle varie affinità delle testimonianze. Ho deciso di raccontarmi - mettendoci la faccia - perché non ho nulla di cui vergognarmi. Non bisogna vergognarsi ad avere un problema, tutti possiamo avere delle debolezze e delle difficoltà, l’importante è comprenderle e affrontarle".

Acat

Mettere la faccia significa dare alle persone un nome e un cognome che si possa riconoscere, vuol dire mostrare di essere persone comuni, che si possono trovare per strada o sul pianerottolo di casa. Persone comuni che diventano il simbolo di una lotta che si può e si deve vincere. Insieme. Senza paura e senza alcuna vergogna. Per informazioni si possono contattare Acat Pedemontana 333.3081824 oppure l’ambulatorio integrato di alcologia: 0445.598237.

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