Processo Pfas, undici imputati condannati a 141 anni di reclusione
Giovedì 26 giugno 2025, in Corte d'Assise a Vicenza, sono stati riconosciuti i reati di disastro e inquinamento dell'acqua, inquinamento ambientale e bancarotta per i manager che hanno gestito l'ex stabilimento chimico di Trissino

Giovedì 26 giugno 2025 è stata una giornata storica in merito al processo Pfas. La Corte d'Assise di Vicenza, infatti, ha condannato undici manager di Miteni, ex stabilimento chimico di Trissino, per la contaminazione con i Pfas, sostanze chimiche tossiche, della falda acquifera che si trova sotto l'azienda, la seconda più grande d'Europa.
La sentenza di primo grado ha aumentato le pene chieste dai pubblici ministeri: gli undici imputati sono stati condannati a 141 anni di reclusione in totale.
Processo Pfas, 141 anni per 11 imputati
Alle 16,20 del pomeriggio di giovedì 26 giugno 2025, la giudice Antonella Crea ha iniziato a leggere una sfilza di condanne. Alla fine sono pianti e abbracci. Legambiente, Medicina Democratica, Mamme No Pfas, chiunque da anni si batte, scoppia una festa.
"E' un riconoscimento importante non solo per noi, ma per la Francia, per tutta l'Europa e per tutto il mondo" ha dichiarato Michela Piccoli di Mamme No Pfas alla Tgr Veneto.

A Vicenza la sentenza del processo di primo grado per la contaminazione da Pfas più dura delle pene richieste dai pubblici ministeri: 141 anni di reclusione in totale per 11 dei 15 imputati, colpevoli a vario titolo di disastro e inquinamento dell'acqua, inquinamento ambientale, bancarotta.
Le condanne più pesanti (17 anni a testa) sono arrivate per i dirigenti di Icig, società lussemburghese che ha controllato lo stabilimento dal 2009 fino al fallimento (2018), e di Miteni: si tratta di Patrick Fritz Hendrik Schnitzer (Icig), Achim Georg Hannes Riemann (Icig), Luigi Guarracino (Miteni) e Brian Anthony Mc Glynn (Miteni). A 16 anni, invece, sono stati condannati Naoyuki Kimura e Yuji Suetsune, dirigenti di Mitsubishi Corporation, e Alexander Nicolaas Smit (Miteni). Maki Hosoda è stato condannato a 11 anni, mentre pene più leggere per Martin Leitgeb (4 anni e 6 mesi), per Antonio Alfiero Nardone (6 anni e 4 mesi) e per Davide Drusian (2 anni e 8 mesi). Gli unici imputati assolti per non aver commesso il fatto sono Kanji Ito, Mario Fabris, Mauro Cognolato e Mario Mistrorigo.
E' il primo punto fermo giudiziario sulla vicenda delle sostanze chimiche che in Veneto hanno inquinato la seconda falda più grande d'Europa, l'acqua delle province di Vicenza, Verona e Padova, il sangue di 300mila cittadini.
"E' il riconoscimento della correttezza dell'impianto accusatorio. E' una decisione importante" ha dichiarato Lino Giorgio Bruno, procuratore di Vicenza, alla Tgr Veneto.
Ora le vecchie proprietà di Miteni, Mitsubishi e Icig dovranno anche pagare le danni alle parti civili per le sostanze sversate. I Pfas sono interferenti endocrini, collegati a varie patologie. Lo Pfoa in particolare è riconosciuto cancerogeno.
"Sono stati anni duri, che ci hanno visto non mollare di un centimetro mai. Non pensavamo mai di arrivarci, ma ora siamo qui" ha affermato Piergiorgio Boscagin di Legambiente alla Tgr Veneto.

Zaia: "Sentenza che segna un passaggio fondamentale di giustizia per il Veneto"
Il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ha commentato così l’esito del processo sul disastro ambientale da PFAS, giunta oggi la sentenza del primo grado.
“La sentenza di oggi della Corte d’Assise di Vicenza, che riconosce il reato di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque e prescrive condanne tra gli 11 e i 17 anni ai vertici della Miteni, è un passaggio fondamentale di giustizia per le comunità venete colpite e per tutti coloro che hanno lavorato con impegno alla ricerca della verità. Fu proprio la Regione del Veneto, su mio mandato, nel 2013, a segnalare per prima alla magistratura – tramite ARPAV – gli effetti gravissimi e irreversibili dell’inquinamento da PFAS, scoperto nell’ambito di una ricerca sperimentale del CNR e del Ministero dell’Ambiente su inquinanti emergenti nei principali bacini fluviali italiani.
In Veneto, gli inquinanti furono individuati nei corpi idrici della Valle del Chiampo, in corrispondenza dello stabilimento chimico Miteni di Trissino, poi rivelatosi la fonte primaria della contaminazione che ha interessato oltre 190 km² tra le province di Vicenza, Verona e Padova. In un quadro normativo allora assente, la Regione ha agito con determinazione, imponendo ai gestori idrici la filtrazione delle acque, stanziando fondi per la messa in sicurezza e attivando, nel 2016, un Piano di Sorveglianza Sanitaria aggiornato nel 2018, che ha coinvolto 127.000 cittadini dell’Area Rossa.
Abbiamo investito risorse regionali, richiesto e ottenuto lo stato di emergenza nel 2018, e sostenuto in sede giudiziaria una tra le più ampie documentazioni tecnico-scientifiche mai prodotte in un processo ambientale in Italia. Alla Regione Veneto, costituitasi parte civile, la sentenza riconosce oggi un danno superiore ai 6,5 milioni di euro, che i condannati, insieme ai responsabili civili Mitsubishi Corporation e ICIG, saranno tenuti a risarcire. È il riconoscimento del ruolo istituzionale svolto con dedizione, scientificità e trasparenza: un ruolo che ci ha visti in prima linea non solo nel denunciare, ma anche nel rimediare, con l’installazione di barriere idrauliche, filtri a carbone attivo e la predisposizione del progetto di bonifica del sito Miteni. Ringrazio tutti coloro che in questi anni hanno lavorato con rigore, passione e senso civico: tecnici, legali, amministratori. Questa sentenza rafforza il nostro impegno e ribadisce un principio essenziale: chi inquina paga. Il Veneto continuerà a battersi per l’ambiente e la salute, con la stessa determinazione dimostrata sin dall’inizio”.