Vicenza

Processo Pfas: “Opere propedeutiche alla bonifica, Miteni non ne ha garantito il funzionamento”

Davanti ai giudici della Corte d’Assise il dirigente Arpav è stato chiamato a spiegare le azioni messe in campo dall’agenzia regionale da quando è stata resa pubblica la notizia della contaminazione da Pfas.

Processo Pfas: “Opere propedeutiche alla bonifica, Miteni non ne ha garantito il funzionamento”
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Prosegue il processo per inquinamento da Pfas, secondo giorno di controesame del testimone dell’accusa Alessandro Bizzotto, ex responsabile dei Controlli dell’Arpav di Vicenza, che si è sottoposto alle domande degli avvocati difensori.

Processo Pfas

Davanti ai giudici della Corte d’Assise il dirigente Arpav è stato chiamato a spiegare le azioni messe in campo dall’agenzia regionale da quando è stata resa pubblica la notizia della contaminazione da Pfas.

Gli imputati sono 15 manager di Miteni spa, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari. L’obiettivo delle difese è dimostrare che tutte le attività dell’azienda, in tema di sversamenti, erano costantemente sotto il controllo delle autorità competenti.

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Al centro del dibattimento anche il “Miso”, ossia la messa in sicurezza operativa che l’azienda aveva proposto, ma solo dopo il 2013. Si tratta di una misura di protezione che doveva contenere l’inquinamento in vista della bonifica, impedendone l’uscita dai confini del sito aziendale.

E’ chiaramente emerso come il Miso non abbia mai raggiunto il suo scopo, così come non ha mai compiutamente funzionato nessuna delle misure intraprese dall’azienda per contenere l’inquinamento – spiega l’avvocato Marco Tonellotto, che insieme ai colleghi Angelo Merlin e Vittore D’Acquarone tutela Acque del Chiampo, Viacqua, Acquevenete e Acque Veronesi costituitesi parti civili –, quando l’azienda stessa era invece la garante di questi mezzi di tutela ambientale e di interdizione del rischio, che avrebbe dovuto a mettere efficacemente in pratica”.

Questo, a detta dei gestori, ha consentito la diffusione dell’inquinamento, secondo il teste fenomeno ancora in atto anche dopo il fallimento.

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