Guardia di Finanza

Operazione "Saldatura", sequestro preventivo per 330mila euro a una società operante a Santorso

Due indagati "clienti" di 8 società "cartiere" che hanno emesso fatture per 10 milioni di ricavi fasulli.

Operazione "Saldatura", sequestro preventivo per 330mila euro a una società operante a Santorso
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Operazione "Saldatura" eseguita dalla Guardia di Finanza di Vicenza, coinvolta una società di Santorso.

Fiamme Gialle

Negli scorsi giorni i Finanzieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno eseguito il sequestro preventivo per equivalente di beni per oltre 330.000 euro nei confronti di una società di capitali operante a Santorso nel settore delle lavorazioni meccaniche, nonché nei confronti dei due rappresentanti legali (C.M e R.S.). Le indagini, condotte dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Schio nell’ambito dell’operazione “Saldatura” ed avviate nel 2019 contestualmente all’apertura di una verifica fiscale nei confronti dell’azienda, avevano permesso di rilevare come la stessa avesse utilizzato 61 fatture emesse da otto diverse imprese “cartiere” a fronte di operazioni commerciali di fatto mai intercorse e quindi oggettivamente inesistenti, per un’imponibile complessivo pari ad € 761.398,76 ed I.V.A. pari ad € 167.507,74 contabilizzate nelle annualità dal 2014 al 2018.

Operazione "Saldatura", sequestro preventivo per 330mila euro a una società operante a Santorso

Società di comodo per emettere fatture false: due vicentine

Di tali società di comodo – utilizzate allo scopo di documentare ricavi con fatture false e risultate a seguito di riscontri investigativi prive di qualsivoglia struttura patrimoniale, capacità operativa, nonché prive di automezzi e di manodopera - solo due sono formalmente ubicate nella provincia di Vicenza; le altre sei sono risultate avere sede legale, solo fittiziamente, nelle aree metropolitane di Milano, Roma e Napoli. Le società dedite all’emissione di false fatturazioni, a seguito delle indagini eseguite, sono risultate caratterizzate dall’essere state quasi tutte cessate d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate per riscontrata inoperatività e dalla circostanza rilevata dall’esame della documentazione acquisita, di non detenere il corrispettivo incassato quale pagamento a fronte delle fatture false emesse, ma di trasferirlo integralmente e immediatamente, con il solo scorporo della “quota profitto illecito”, verso Paesi ricompresi nelle black list stilate dall’Amministrazione finanziaria (su tutti, Repubblica Popolare Cinese, Turchia, Malta, Indonesia, Principato di Monaco, Cipro). Le imprese emettitrici delle fatture per operazioni inesistenti, sono risultate formalmente rappresentate da soggetti prestanome di origine campana legati al mondo della criminalità, gravati da numerosi precedenti penali e di polizia.

Il caso di Santorso

Per l’azienda di Santorso l’indebito vantaggio legato all’utilizzo in contabilità di fatture passive relative ad operazioni di acquisto di beni e servizi in realtà mai avvenute era duplice: da un lato, abbattere l’imponibile ai fini imposte dirette ed il debito I.V.A.; dall’altro, costituire “fondi neri” in territori protetti dallo scambio automatico di informazioni e dunque difficilmente aggredibili. La legale rappresentante della società è ora indagata dalla Procura della Repubblica di Vicenza per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del D.Lgs. 74/2000), in concorso con l’amministratore di fatto della società; quest’ultimo - formalmente estraneo alla compagine societaria - tuttavia, come appurato dagli investigatori, è risultato perno fondamentale nella vita economica e finanziaria dell’impresa. Le indagini hanno infatti permesso di rilevare che egli - nonostante avesse ceduto la propria partecipazione nel capitale sociale al proprio figlio, residente in Australia e del tutto avulso dalle vicende societarie - aveva continuato a gestire nella sostanza tutti gli aspetti dell’attività imprenditoriale, interfacciandosi personalmente con clienti e fornitori nonché movimentando i conti correnti societari, su cui aveva continuato a mantenere delega ad operare.

Il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip

Il G.I.P. presso il Tribunale di Vicenza, accogliendo la richiesta del P.M. titolare delle indagini e condividendo le ipotesi investigative delle Fiamme Gialle, ha dunque emesso un decreto di sequestro preventivo per equivalente fino a concorrenza di € 336.829,78, somma pari all’I.R.E.S. e all’I.V.A. evase dall’impresa tramite l’utilizzo in dichiarazione delle fatture per operazioni inesistenti. In esecuzione del citato provvedimento sono stati sottoposti a vincolo di sequestro due immobili (tra cui il fabbricato nel quale opera l’impresa verificata ed un appartamento sito in Schio), tre autovetture, un motoveicolo, dieci conti correnti, due fondi pensione, due depositi risparmio ed un dossier titoli, fino al raggiungimento dell’intera concorrenza ammontare della somma della somma da sequestrarsi. L’operazione delle Fiamme Gialle si è sviluppata secondo il dispositivo operativo del Corpo nell’ambito del contrasto all’evasione, all’elusione e alle frodi fiscali, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria ed è stata condotta trasversalmente tanto sotto il profilo amministrativo-tributario quanto quello penale, con il conseguente sequestro preventivo del patrimonio finalizzato alla confisca, che è obbligatoria nel caso in cui il procedimento penale si concluda con la condanna degli indagati.

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