Lo Chef Carraro lascerà la sua "Impronta" a Bassano
Dalle origini fino al raggiungimento di un sogno: l'apertura di un ristorante.
Lo Chef Cristopher Carraro lascerà la sua Impronta a Bassano.
La filosofia
«Abbiamo permesso alle nostre emozioni di esistere e di potersi esprimere». Questa la frase che riassume in un solo concetto la filosofia di una nuova realtà presente nel bassanese. Si tratta del ristorante «Impronta» nato lo scorso dicembre 2018 proprio accanto al nostro simbolo: il Ponte degli Alpini. Solo passeggiando sopra quelle assi di legno che sanno di storia quel luogo rivela essere un qualcosa di inspiegabilmente magico e che ora, grazie a due passi che hanno girato il mondo e che sono tornati al principio, ospita anche la possibilità di assaporare un’esperienza unica. I passi sono quelli di Cristopher Carraro, lo chef di quel ristorante che fin da subito ha saputo dare alla città una spinta diversa, quella che ritorna alle origini, ma che allo stesso tempo le trasforma per tradurle in un linguaggio innovativo, composto da equilibri e contrasti.
La passione
«La cucina e la passione per essa è qualcosa che ricordo di aver sempre avuto. Non appena ho concluso il mio percorso di studi alla Scuola Alberghiera di Tonezza del Cimone, ho iniziato a girovagare tra i locali di un certo livello, quelli che sapevo mi avrebbero regalato emozioni. Poi nella mia precedente esperienza a Bergamo al “Causal Ristorante”, dove ho conquistato la mia prima Stella Michelin nella guida 2017, ho conosciuto anche Laura Avogardi, che era cliente e che poi si è trasformata nella socia del mio attuale progetto».
La famiglia. Qualcuno con la stessa inclinazione?
«Assolutamente no, nessuno. I miei genitori erano ottimi cuochi ma non sentivano la passione per la cucina».
Il progetto. Perché a Bassano?
«Credo che Bassano sia una città che ha molto da dare per il mio tipo e la mia metodologia di cucina. Poi io sono nativo di Marostica e ora vivo a Sandrigo, ma fin dalla tenera età ho vissuto Bassano. Penso che sia una città che ha il suo perché».
La posizione. Perché al fianco del Ponte degli Alpini?
«La ricerca della posizione è stata molto travagliata, per oltre un anno abbiamo cercato intensamente un luogo dove stabilire il ristorante. Posso affermare che sia stata una scelta mirata che ci siamo sudati».
Dall’Inghilterra, agli Stati Uniti, alla Danimarca.
Il lavoro all'estero. Qual è il motivo per cui è uscito dai confini del suo Paese?
«Credo che per la nascita del mio ristorante sia stato essenziale lavorare all’estero. Queste esperienze hanno segnato il mio percorso, posso dire che mi hanno aperto la mente a 360 gradi. Anche la mia ultima esperienza al “Noma” di Copenaghen è stata per me come affacciarmi ad un mondo nuovo portandomi verso scoperte stupende e stupefacenti. Penso che tutti dovrebbero fare delle esperienze al di fuori dell’Italia, qualsiasi lavoro stiano svolgendo, perché porta a vedute più ampie e a mentalità più aperte».
Sperimentare. E' più semplice all'estero?
«E’ una domanda delicata. Non posso dire che sia più facile sperimentare, ma di certo affermo che a livello burocratico qui in Italia è più difficile organizzare le condizioni per farlo. All’estero per esempio si dispone di brigate molto più ampie, che sono una forza lavoro importante che concede maggiore capacità di sperimentare, perché ci si trova ad avere più tempo e soprattutto più menti».
I collaboratori.
«E’ stato molto difficile trovare i giusti collaboratori per il mio ristorante. Purtroppo oggi per molti la ristorazione è un hobby più che un lavoro. Tutti vogliono imitare i grandi della cucina senza considerare che i grandi hanno un background importante e che creare situazioni similari è molto difficile».
I prodotti del territorio. Per quale motivo li utilizza?
«Il nostro territorio è davvero ricco di materie prime che a volte non vengono abbastanza valorizzate. Credo sia importante farlo. E’ un’altra realtà ed emozione quella del contadino che ti porta le primizie ancora sporche di terra rispetto a comprare prodotti eccellenti di altre zone ma che non rispecchiano il nostro ambiente».
Esiste un prodotto a cui è particolarmente affezionato?
«No, sono tutti lavorati con la stessa passione».
I primi mesi di lavoro. Come si è trovato?
«Molto bene, siamo davvero soddisfatti e contenti. La clientela è prevalentemente bassanese e fino ad ora ha presentato tutta un palato preparato, perché ovviamente chi viene qui deve essere portato a questo tipo di cucina».
Prossimi obiettivi.
«Sicuramente riuscire a lavorare sempre con questo target di clientela mantenendo le metodologie adottate. Per ora non ho obiettivi particolari».
Il nome «impronta».
«Il nome “Impronta” è stato scelto in riferimento all'impronta digitale, che è anche il nostro logo e che dà l'idea proprio della nostra identità, il nostro identificativo. Lasceremo la nostra “Impronta” a Bassano».
Oltre ad impronta anche il nome radici ricorre nella sua filosofia, quest’ultimo termine accompagnato da una frase: «La Terra accoglie il seme, che poi darà il suo frutto per rendere grazie», Bassano ha accolto il seme dello chef ora attendiamo che dia il suo frutto.