Laura Milan, la stilista che veste l'anima delle donne
Ha saputo riprendere in mano la sua vita e fare della passione che l'accompagna fin da bambina un lavoro.
Non è mai troppo tardi per rinascere. Non servono tanti giri di parole o congetture, perché quella semplice frase racchiude in sé un significato profondo. Quel «non è mai troppo tardi» che Laura Milan, attraverso la sua storia di vita e la sua passione riesce a trasmettere solo guardandoti negli occhi. 54 anni, due figli che sono i suoi gioielli, un marito presente ed accorto che ama alla follia perché «siamo perfettamente in equilibrio, e se anche uno si sposta un po’ l’altro non cade perché sa reggersi in piedi da solo», dice. Una donna forte che dalla vita ha imparato tanto e ha saputo trasformare il dolore in bellezza. Dopo tanti anni dalla chiusura del suo negozio di abbigliamento, che gestiva in giovane età, Laura è riuscita a riprendere in mano la sua passione e a trasformarla in un lavoro perché lei con i suoi abiti veste prima di tutto l’anima delle donne, ridando a ognuna di loro quella luce per troppo tempo rimasta nascosta sotto il peso dei pensieri e delle mille faccende quotidiane.
Laura, con i suoi capi riesce a far sentire una donna «Bella» a qualsiasi età, a ridarle quella luminosità che magari, presa dai mille impegni quotidiani, dimentica di avere. Come nasce la sua idea di «abito»?
«Ho sempre avuto passione di abiti, poesia e teatro e una sera, quasi per scherzo, con le mie amiche è nata l’idea di organizzare una serata particolare che unisse la bellezza delle stoffe alla forza delle parole e all’emozione che i versi del poeta Pablo Neruda mi hanno sempre trasmesso. Così abbiamo iniziato a creare questi eventi all’aperto, nei giardini delle case. Qualche abito appeso agli alberi, una poesia e delle donne intorno a me che mi dessero tanta energia vitale e voglia di rinascere. Da lì ho iniziato a disegnare degli abiti unici, pensati per vestire la personalità di chi avevo davanti. Mi piace conoscere le persone e cogliere la loro essenza, ragiono molto di pancia, cerco di accantonare la testa perché sono certa che la donna possieda l’istinto necessario a capire chi ha davanti, senza tanti pensieri».
Da lì è partito tutto, grazie anche al sostegno di donne il cui bagaglio di esperienze le ha portate ad imparare ad amarsi, ad essere fiere di sé stesse e a gioire per i successi altrui.
«Le mie amiche sono fondamentali per me e da loro traggo tanta energia. Sono donne “belle” nel vero senso della parola, perché la loro bellezza non è frutto dell’esteriorità ma del dolore che nella vita hanno sopportato e le ha portate ad essere quel che sono ora. Belle perché sanno vestire qualsiasi abito, anche il più semplice, dando ad esso una luce incredibile. Luce che viene da dentro, dalla loro rinascita interiore».
La parola «rinascita» per lei è di primaria importanza. Cosa significa per lei rinascere?
«Significa imparare a non aspettare sempre l’approvazione del mondo, è cogliere la propria essenza e tirare fuori la propria femminilità, è riuscire a non soffermarsi sui difetti ma guardarsi allo specchio e amarsi in modo totale. Le donne hanno sempre paura di essere giudicate o sentirsi sbagliate perché purtroppo noi tutte nasciamo già con il senso di colpa, ci sentiamo sempre incinte del mondo. Non è così, e nel momento in cui una persona capisce questo, ecco che lì ha inizio la sua rinascita».
Sei mesi fa la prima sfilata in villa Ferrarini, che ha portato in passerella tante donne non più giovanissime, vestite di seta, lino e accessori provenienti da tutto il mondo. A maggio un’altra sfilata, alla distilleria Zanin. Cosa significano per lei questi eventi?
«Significano molto, perché le donne che salgono in passerella possiedono quella luminosità di chi si sente la femminilità cucita addosso, un essere donna matura e consapevole della propria persona, di chi è riuscita a riannodare dei fili rimasti per tanto tempo spezzati. I miei abiti sono espressione dell’anima, e di questo ringrazio la mia sarta, che ha confezionato anche l’abito con cui mi sono sposata».
Laura conclude con una frase, che non ha bisogno anch’essa di spiegazioni. «Sono una donna. Credono che la mia libertà sia loro proprietà e io glielo lascio credere. E avvengo».