Il tribunale del riesame conferma il sequestro del trust

Il soggetto giuridico è un evasore totale, formalmente attivo nel settore della concia, accusato di aver emesso fatture false per acquisto di pelli fra il 2013 e il 2015 per oltre 4 milioni di euro.

Il tribunale del riesame conferma il sequestro del trust
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Il tribunale del riesame conferma il sequestro del trust

Nei giorni scorsi, con ordinanza puntualmente motivata, i Giudici del Tribunale di Vicenza hanno ritenuto di non dover condividere le doglianze esposte dall’indagato che, allo scopo di rientrare in pieno possesso del patrimonio del valore di 796mila 132 euro, sottoposto alla misura cautelare dalla Guardia di Finanza, aveva provveduto a presentare ricorso alla Sezione del Riesame. Restano, pertanto, cautelati i beni sequestrati dalle Fiamme Gialle vicentine ed intestati ad un trust “schermo” - tra cui due appartamenti residenziali con garage siti ad Arzignano (VI) e Sirmione (BS), nonché disponibilità finanziarie detenute su rapporti bancari, sino al raggiungimento della cifra oggetto di misura cautelare reale.

In particolare si tratta dell’operazione con la quale i militari della Compagnia di Arzignano (VI) avevano dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca c.d. “per equivalente” emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Vicenza, cautelando beni immobili e somme di denaro nelle disponibilità di un soggetto giuridico, evasore totale, formalmente attivo nel settore della concia, accusato di aver emesso fatture false per acquisto di pelli fra il 2013 e il 2015 per oltre 4 milioni di euro. Nel dicembre 2016, a chiusura di una verifica fiscale nei confronti di una s.r.l. operante nel commercio all’ingrosso di cuoio e pelli gregge e lavorate, i finanzieri avevano segnalato all’Autorità Giudiziaria M.G., classe 1969, di Arzignano, amministratore della stessa, per fatti di rilevanza penale da questi perpetrati. La ricostruzione dei militari aveva infatti permesso di acclarare che M.G. avesse istituito la società per consentire l’evasione fiscale a terzi attraverso l’emissione di un cospicuo ammontare di fatture false con un imponibile di oltre 4 milioni di euro fra il 2013 ed il 2015. Nel corso dell’attività era altresì emerso che la società non avesse mai
versato imposte dal 2013, non avesse una sede effettiva o un magazzino, né mezzi per l’esercizio dell’attività imprenditoriale e, soprattutto, non avesse sostenuto acquisti tali da giustificare l’ammontare delle vendite. Un ulteriore riscontro all’ipotesi investigativa era stato fornito dall’assenza di un depositario delle scritture contabili e dal mancato rinvenimento dei documenti amministrativo-fiscali che M.G. invero aveva dichiarato fossero custodite in Romania, con l’evidente scopo di ostacolare la ricostruzione delle vicende aziendali e l’individuazione dei beneficiari della frode messa in atto dalla società di cui era amministratore che appariva, evidentemente, come uno schermo, priva di un’attività effettiva e non operativa.

L’utilizzo strategico delle banche dati in uso al Corpo aveva permesso ai finanzieri di ricostruire il volume d’affari della società e di acclarare che le fatture emesse dalla stessa fossero relative ad operazioni inesistenti, così proponendo alla competente Procura della Repubblica di Vicenza il sequestro delle imposte dovute, corrispondenti all’IVA complessivamente evasa, come risultante dalle fatture di vendita. In occasione dell’esecuzione della misura di sequestro, i militari avevano inoltre appurato che M.G., subito dopo la conclusione della verifica fiscale, temendo un’eventuale azione di confisca del profitto del reato, con evidenti indizi di simulazione, avesse dato vita ad un trust conferendo a beneficio della figlia minorenne i fabbricati di cui era proprietario, ma dei quali tuttavia aveva mantenuto il controllo effettivo. La ricostruzione effettuata dai finanzieri, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, ponendo in evidenza la sistematicità delle condotte delittuose riscontrate è stata confermata dal Giudice del Riesame che ha rigettato la richiesta di dissequestro, sussistendo, da un lato, i gravi indizi di reità per come emersi nelle indagini esperite dai finanzieri e, dall’altro, le esigenze cautelari nei confronti del patrimonio quale garanzia erariale.

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