Guardia di finanza

False dichiarazioni per intascare soldi non dovuti: professore universitario nei guai

Sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Bergamo per l’importo di oltre 58.000 euro.

False dichiarazioni per intascare soldi non dovuti: professore universitario nei guai
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Il professore indagato per i reati di “truffa aggravata” e “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”.

Guardia di Finanza

Nei giorni scorsi, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Bergamo per l’importo di oltre 58.000 euro nei confronti di un professore vicentino in servizio presso l’Università degli Studi di Bergamo, indagato per i reati di “truffa aggravata” e “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”. L’indagine sul conto del cattedratico, svolta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Vicenza, a seguito di attivazione da parte del Nucleo Speciale Anticorruzione Guardia di Finanza di Roma - delegato dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha riguardato il settore della tutela della spesa pubblica ed è stata orientata a verificare il rispetto della normativa sulla incompatibilità e cumulo degli incarichi nel pubblico impiego.

Indebite retribuzioni all'insaputa dell'università

In tale ambito investigativo, è emerso che il professore, attraverso una società ad egli riconducibile, ha reso prestazioni professionali con scopo di lucro a beneficio di altre imprese (una delle quali partecipata e gestita dallo stesso cattedratico), volte all’organizzazione di eventi nel settore dell’arte e della cultura, dichiarando falsamente all’ateneo orobico, pur essendo ricercatore “a tempo pieno” e, successivamente, professore associato a tempo pieno, di non trovarsi in alcuna situazione di incompatibilità per le mansioni svolte, nonché omettendo di richiedere allo stesso ateneo le previste autorizzazioni allo svolgimento delle suddette prestazioni. Tali condotte, inducendo in errore l’Università di Bergamo, hanno consentito al professore di ottenere, per il periodo novembre 2007 – novembre 2017, ingenti retribuzioni non spettanti. Dopo la contestazione ai rappresentanti legali pro-tempore delle imprese beneficiarie delle prestazioni del professore, in solido con le stesse società, delle sanzioni amministrative previste per il mancato rispetto della normativa che prevede il conferimento di incarichi previa preventiva ed obbligatoria autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza, sono state, quindi,
sviluppate le indagini sotto il profilo penale, giungendo a quantificare in oltre 58.000 euro l’indebito profitto ottenuto dal cattedratico attraverso le condotte delittuose tenute.

Scattato il sequestro preventivo

La ricostruzione investigativa, che ha portato al deferimento alla Procura della Repubblica di Bergamo del professore per i reati in precedenza indicati, è stata valutata pienamente attendibile dal G.I.P. del Tribunale bergamasco che, ritenuti compiutamente ricostruiti gli incarichi retribuiti svolti in assenza di autorizzazione dell’Ente di appartenenza, ha emesso un Decreto di sequestro preventivo per l’importo sopra indicato, eseguito dai finanzieri vincolando somme di denaro presenti su tre rapporti bancari riconducibili all’indagato. Atteso che le condotte del suddetto cattedratico hanno, in parallelo, cagionato un danno erariale quantificato, in ragione delle retribuzioni non spettanti, in oltre 430.000 euro, il predetto è stato, altresì, deferito alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti. L’attività investigativa condotta dalle Fiamme Gialle beriche si inquadra nell’alveo della costante azione del Corpo a tutela della spesa pubblica e a presidio dell’osservanza delle disposizioni in tema di incompatibilità, lavoro a tempo parziale e cumulo d’impieghi dei dipendenti pubblici, che è stata sviluppata in modo trasversale sul piano amministrativo e penale col fine precipuo di assicurare allo Stato, attraverso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, le liquidità corrispondenti al profitto illecitamente conseguito.

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