Ego e maschere: Malattia mentale degli uomini di oggi

Ricerca della felicità, indagine, fede, comunicazione, senso della vita e del fare. Gianni Zen racconta di sé ad «Aperitivo con i filosofi».

Ego e maschere: Malattia mentale degli uomini di oggi
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Ego e maschere: Malattia mentale degli uomini di oggi

Protagonista della vita sociale e culturale bassanese, Dirigente del Liceo «Brocchi», già docente al «Da Ponte», al «Brocchi »e Preside dell'«Itis» di Vicenza, Gianni Zen lunedì 4 novembre è stato il secondo ospite della rassegna «Aperitivo con i filosofi» in Sala Giubileo a Rosà. Una storia fatta di passione, la sua, dove la filosofia è stata «vocazione» e prosegue come instancabile ricerca. «Un personaggio che si fa compagnia coi suoi pensieri», l'ha definito Silvano Bordignon, moderatore dell'incontro e ideatore e organizzatore della rassegna. «Dopo il liceo ero indeciso se fare economia, matematica o filosofia. Allora era uscito un libro che fece la fortuna di Susanna Tamaro che a sua volta copiò il titolo da un libretto che avevo scoperto essere stato edito da una piccola casa editrice di Roma: "Va dove ti porta il cuore". Mi colpì quel titolo e scelsi la strada che mi indicava il cuore».

Il suo percorso di formazione filosofica.

«Sono figlio della terra e ho sempre avuto una grande curiosità verso quella saggezza propria dei nostri vecchi che non dipendeva dalla loro istruzione. Questa saggezza si condensava nei proverbi, nei modi di dire. Si lavorava e si pensava lavorando. I nostri vecchi hanno dedicato la loro vita per dare un futuro migliore ai loro figli. Questa è per me filosofia. Ho fatto le medie a Rosà e un'insegnante di italiano consigliò a mia mamma di farmi fare il liceo. Lì mi appassionai alla filosofia perché era una sorta di masticazione quotidiana sul senso delle cose che si facevano. E’ nata come vocazione, una scelta che i miei genitori non compresero se non un po' alla volta. E continuai a fare il figlio della terra. Quando mi iscrissi all'Università ebbi la grande fortuna di incontrare alcuni professori che accesero in me una scintilla. Sono stato affascinato da Platone, mi sono laureato con Enrico Berti uno dei maggiori studiosi di Aristotele al mondo, e ho amato Rosmini, uno dei personaggi che più mi hanno attratto perché tra gli sconosciuti. Era un prete quindi non era legittimato a stare tra i filosofi. E' sempre stato uno degli aspetti che più mi hanno colpito. Il pensiero e la fede, per chi ci crede, non possono non incontrarsi».

Un argomento che più di tutti, nel percorso di ricerca, le ha scaldato il cuore.

«La convinzione che la filosofia è la base di tutto quello che noi siamo. Non è una cosa astratta, ma talmente concreta che astratte sono tutte le altre cose se non c'è pensiero pensante. E il cuore di tutto ciò è una parola molto complicata: libertà. Quella dimensione nella quale noi cerchiamo noi stessi andando oltre noi stessi cioè oltre le nostre opinioni, psicologie, maschere. Dobbiamo incontrare l’altro guardandolo negli occhi, dentro, oltre l’apparire. E' la cosa più complicata perché l’incomunicabilità ci accompagna ogni giorno. A volte la migliore comunicazione è il silenzio. Due persone che si intendono basta che si guardino. E’ sufficiente osservare i bambini quando giocano. Nella loro innocenza, non hanno pregiudizi di nessun tipo. “Se non ritornerete come bambini” è un'immagine micidiale ma operazione necessaria perché libera energia, toglie preconcetti, elimina barriere. E' la cosa più difficile perché ognuno di noi vive chiuso nel proprio guscio. Filosofia è vivere l'esperienza del distacco da noi stessi, dalla nostra maschera».

Un consiglio che lascerebbe in eredità a suo nipote.

«Consiglierei di buttarsi. E' attraverso le esperienze che nasce la capacità di farsi domande. Fare ogni tanto l'esercizio di mettersi davanti allo specchio e guardarsi negli occhi. Senza filtri. Questa ricerca dell'essenziale non si conclude mai, ma si converte progressivamente in nuove stagioni di vita. Quello che cerchiamo è la felicità. Cos'è la felicità? Cosa ci riempie la vita? La bellezza è proprio rendersi conto che sfugge perché non può essere possesso. Una metafora che mi piace molto è quella del deserto. Non si può vivere senza desideri, ma serve cercare di non assolutizzarli. Nella desertificazione noi ci disponiamo a cercare senza pretendere di possedere».

Dovendo percorrere altre strade, su quale argomento si concentrerebbe l'attenzione per una pubblicazione di filosofia?

«Approfondire la teoria che ogni intenzione che è domanda di sapere dell'essenziale della vita si costituisca come punto di vista ma che abbia come obiettivo quello di realizzarsi togliendosi come punto di vista. E' paradossale. Non è essenziale quello che dico o penso io, ma è importante sperimentare il sentire di essere davvero in cammino. Sento forte questo perché nel mondo di oggi è poco presente la domanda di pensiero condiviso. Quando ero piccolo c'era la percezione di un sapere che nessun titolo di studio aveva certificato, ma c'era. Adesso c'è istruzione ma manca questo sapore. Proprio perché c'era un senso, i nostri vecchi si sono sacrificati nella povertà per figli e nipoti. Avevano un senso della vita che li proiettava oltre se stessi. Oggi c'è la convinzione che io basto a me stesso. L'Ego è la malattia mentale degli uomini di oggi».

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