Don Mauro Tranquillo racconta la Fraternità Sacerdotale San Pio X

Sono cresciuto in una parrocchia ambrosiana, a Lomazzo di Sopra. Facendo il chierichetto ho scoperto che la mia strada era di servire Dio nel sacerdozio».

Don Mauro Tranquillo racconta la Fraternità Sacerdotale San Pio X
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Don Mauro Tranquillo racconta la Fraternità Sacerdotale San Pio X

Don Mauro Tranquillo, sacerdote noto per il fatto che tiene serate dedicate all’insegnamento del catechismo di San Pio X a Bassano, con un folto numero di partecipanti interessati alla dottrina tradizionale della Chiesa. Don Mauro fa parte della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da Mons. Marcel Lefebvre all’indomani del Concilio Vaticano II. Fu un cambio epocale per la Chiesa che decise di adeguarsi ai cambiamenti morali e politici. Proprio per questo ci fu la reazione da parte di numerosi sacerdoti e fedeli, che trovarono una guida in Mons. Lefebvre che fondò nel 1970 un primo seminario ad Ecône, in Svizzera, dove ancora oggi si ordinano dei sacerdoti di stampo tradizionalista con una formazione tomista, che celebrano la messa in latino secondo il rito tridentino di San Pio V. Don Mauro risiede al priorato di Silea (TV), ma è molto attivo nel bassanese, dove svolge lezioni di catechismo.

Quando avvenne la sua vocazione e perché scelse la Fraternità? 

«Sono cresciuto in una parrocchia ambrosiana, a Lomazzo di Sopra. Facendo il chierichetto ho scoperto che la mia strada era di servire Dio nel sacerdozio. Ma pochi anni dopo, ho capito che nella Chiesa non c’era una situazione normale, e che le autorità della Chiesa stessa già da decenni lavoravano a cambiarne il culto e la dottrina. Questo mi sembrava una cosa inaudita, perché come possono gli uomini cambiare delle verità divine? Erano i primi anni Novanta, da poco era morto Mons. Lefebvre e avevo sentito parlare della sua opera. Con una serie di coincidenze provvidenziali potei cominciare a frequentare la Messa tridentina a Seregno. Fu così che proseguii entrando nel seminario di Ecône dopo il diploma, per poi diventare sacerdote nel 2002».

Perché la Fraternità si rifà a San Pio X? 

«Mons. Lefebvre volle intitolare la Fraternità al Papa di Riese perché è colui che condannò il modernismo. Se si capisce cosa ha condannato san Pio X si ha la chiave per capire quello che sta succedendo nella Chiesa. Siamo di fronte a due concezioni opposte della religione: per noi cattolici, Dio ha rivelato delle verità tramite Gesù Cristo, delle cose a noi esterne che vanno accettate per fede come reali. Si capisce che se è così non potranno mai cambiare né potranno essere equivalenti ad affermazioni contraddittorie con esse. Per il modernista la religione viene da dentro l’uomo, perché Dio non è un Padre trascendente ma una sorta di presenza panteistica che pervade tutto. Le affermazioni di fede saranno solo espressioni di esperienze, non di realtà: ecco perché vanno a rispondere ad esigenze mutevoli, e risposte contraddittorie saranno ugualmente valide. Voi capite ora che una religione del genere può cambiare continuamente, e può proclamarsi indifferente a tutti i tipi di credenza».

Perché celebrate la messa in latino e cosa dice del motu proprio di Papa Ratzinger? 

«Il rito della Messa è un linguaggio che esprime dei concetti. Non è solo un fatto estetico. La
messa nuova (che non è una traduzione dal latino, ma un rito rifondato di sana pianta)
esprime concetti contraddittori a quelli della Messa tradizionale: si presenta come assemblea
comunitaria e cena, e non come il Sacrificio del Cristo offerto a Dio dalle mani del
Sacerdote. Noi rifiutiamo il cambiamento dei concetti, e per conseguenza il nuovo rito.
Ratzinger, che è profondamente modernista, ha concesso l’uso della Messa tridentina,
purché la si consideri equivalente al nuovo rito. Solo un modernista può pensare che gesti
contraddittori non si escludano, perché li svuota di ogni significato reale. Per questo noi
rifiutiamo e la nuova messa e anche le concessioni ingannevoli di Benedetto XVI: vogliamo
la Messa tridentina per i concetti che esprime, e rifiutiamo quelli espressi nel nuovo rito.
Non è una questione di gusto o sensibilità ma di espressione della Fede».

Tante persone vedono la Fraternità come una sorta di setta o dei reazionari anacronistici.

«Se la religione è da adattare continuamente a nuove esigenze dettate da poteri esterni, probabilmente siamo anacronistici, ma siamo anche liberi. Se però la religione viene da Dio e rimane sempre la stessa, non siamo anacronistici ma parliamo dell’eterno. La Fraternità non può essere setta perché ha mantenuto sempre il contatto con la gerarchia della Chiesa, e ha ricevuto espliciti riconoscimenti dalla stessa gerarchia modernista (che combattiamo dottrinalmente in quanto modernista, ma che riconosciamo in quanto gerarchia, elemento necessario all’esistenza della Chiesa). Lo stesso Papa Bergoglio, che è un modernista conclamato, ha ammesso che i nostri sacerdoti possono amministrare i sacramenti anche nelle parrocchie. Naturalmente poi il nostro apostolato abituale si svolge nelle nostre chiese e cappelle, dato che lavoriamo a un’opera opposta a quella del clero attuale: loro lavorano a distruggere la cristianità, noi a ricostruirla».

È sotto gli occhi di tutti che tanti sacerdoti “modernisti”, come li definite voi, a partire dallo stesso Papa Francesco, abbiano abbracciato tesi progressiste e di apertura verso varie categorie di persone che la Chiesa ha sempre condannato, vale a dire gli omosessuali, gli appartenenti ad altre religioni, gli atei pubblici o i divorziati. Perché secondo voi non è giusto che la chiesa si comporti così? 

«Siamo tutti aperti alle persone a cui dobbiamo portare il Cristo. Il problema dei modernisti è un altro: per loro è la religione che deve adattarsi agli uomini, e non gli uomini alla religione. Ecco perché per loro il peccato può essere “normalizzato”: primo perché non ci sono verità oggettive o rivelate, come abbiamo visto, e quindi ci si può sempre adeguare; secondo perché se la religione deve promuovere la pace sociale, è normale che si svuoti di contenuti e non chieda più a nessuno di cambiare. Oggi per questa gente affermare che una cosa è vera (e quindi che il contraddittorio è falso) vuol dire essere “violenti”. Al Vaticano II, e nei pontificati di Giovanni Paolo II e di Ratzinger, si è detto che tutte le religioni sono sostanzialmente accettabili; oggi, sotto la spinta di nuove “esigenze”, Papa Francesco aggiunge che anche tutti i comportamenti di fatto lo sono. Che cosa volete che resti del cattolicesimo in questo modo?».

Diversi candidati del centro destra bassanese alle ultime elezioni, hanno ricevuto e condiviso le richieste di quei cattolici che chiedono una chiesa per poter celebrare la messa secondo il rito tridentino. È un progetto realizzabile? 

«Il nostro apostolato in Veneto è molto esteso, e a Bassano abbiamo molti fedeli e famiglie che seguono la nostra opera. Vi teniamo regolarmente un catechismo, e molti si spostano a sentire la nostra Messa a Longare, Treviso o Verona. Sarebbe auspicabile avere un luogo dove celebrare con regolarità anche nel bassanese e dare continuità al nostro lavoro in questa bella parte del Veneto».

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