Adunata del Centenario, orgogliose Penne Nere

Tre giorni che si ripromettono di sigillare i valori autentici dell’animo alpino, fondati sul principio fondamentale del ricordo di ciò che è stato e sulle mani tese verso chi ha bisogno.

Adunata del Centenario, orgogliose Penne Nere
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Adunata del Centenario, orgogliose Penne Nere

Adunata del Centenario a Milano orgogliose Penne Nere. Si celebrano quest’anno i cento anni dalla fondazione dell’Associazione Nazionale Alpini che ha sede a Milano e che in questa veste, accoglie le sue Penne Nere per l’annuale Adunata Nazionale. Giunti da ogni dove, mossi da quell’amore di ritrovarsi tutti insieme per celebrare valori e per sigillare, ancora una volta, l’autenticità di essere alpini una volta per sempre. L’atmosfera che si respira in un’adunata è difficile da poter spiegare a chi, vede questa grande riunione di famiglia, solo come un momento conviviale, esclusivamente di festa. Ma, c’è molto di più. C’è la voglia di dare senza pretendere nulla in cambio, c’è la voglia di testimoniare i valori del passato che a volte il presente offusca e impolvera con parole fuori luogo e giudizi fin troppo affrettati. L’alpino semina buone azioni, dà speranza a chi l’ha perduta, crea sinergia con le persone e non conosce confini e stanchezza. Dove arriva porta serenità, brio, allegria. La parola «No», non rientra nel suo vocabolario, ha spalle forti e un passo che va a ritmo del Trentatré.

Don Carlo Gnocchi, così scriveva, «L'alpino non è facile ad aprirsi e a fondersi. Ai primi contatti con una persona nuova si irrigidisce, come certi fiori selvatici delle sue montagne gelosi e irsuti», ma gli basta molto poco per scongelare quella sua tipica rigidezza di facciata per lasciare spazio a un cuore nobile, tenero e disponibile. Portatori di pace, costruttori di ponti e promotori di collaborazioni attive, affinché a nessuno possa cedere il passo. I padri dei padri con la Penna Nera hanno visto la guerra, ne hanno sentito l’odore e ne ricordano ancora i rumori assordanti e spaventosi e il silenzio innaturale poi, che gela il sangue. Nelle nostre montagne, che sono state segnate e portano le cicatrici indelebili di guerre lunghe e logoranti, quando il silenzio fa da cornice, per gli attenti ascoltatori che hanno imparato a sentire non solo con le orecchie, si può avvertire l’eco in lontananza di un grazie sussurrato dei «veci» che tra le balze delle vette hanno lasciato la vita.

Un «Grazie» per la memoria che quotidianamente viene rinnovata, perché è fin troppo facile e molto pericoloso, dimenticare. Le guerre, nascono ancor prima che da cause economico-politiche, da squilibri morali, da incertezze nel comprendere ciò che è giusto e sbagliato; ciò che fa bene al popolo e non giova solo al singolo. C’è da stare molto attenti e in guardia, come sentinelle esperte, a tutti coloro che si mettono alla guida prendendo il popolo di «pancia», toccandolo nell’intimo doloroso, creando un fiume di «fedeli» e non di consapevoli e convinti sostenitori. Cadere in balia dei sentimenti, in questi casi, non è mai positivo perché la realtà e l’oggettività viene messa in secondo piano. Ecco perché è indispensabile e necessario che ognuno si impegni quotidianamente a fare ordine, a ricordare quanto in passato è stato fatto per salvare la società da guerre infinite. L’egoismo, che serpeggia indisturbato tra i sampietrini delle nostre città, è una causa muta e insidiosa di tante ostilità passate, e presenti; che miete vittime silenziose. Ecco perché, l’altruismo e la generosità, che gonfiano il petto a questi alpini, sono essenziali per la comunità. Non sono mancati, neanche in questa Adunata a Milano, cartelli poco propensi ad accoglierli, usando un lessico lontano da quello che normalmente si usa nella civiltà.

Ma, come diceva Léopold Sédar Senghor, «Là dove senti cantare, fermati. Gli uomini malvagi non hanno canzoni». Le «cante», usate in passato per alleggerire il cuore grigio e triste nelle trincee, ora risuonano come inno alla fratellanza, ai brividi d’emozione condivisi, ai sorrisi dei bambini che cercano gli strumenti e non trovandoli comprendono che anche solo l’unione di più voci crea un’unica melodia che arriva senza freno, sotto la scorza dura, dentro al cuore. Leggeri, onesti, buoni: gli alpini anche in questa Adunata di Milano hanno dato prova, ancora una volta, di essere portatori autentici di principi di inestimabile valore.

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