"Chimaera"

Non si chiude il processo sulle morti da “chimera”

Il batterio killer continuerà a tenere banco in Tribunale

Non si chiude il processo sulle morti da “chimera”

La questione “chimera”, a Vicenza, era venuta alla ribalta nel 2018 con la morte del dottor Paolo Demo che, prima di morire per essere lui stesso stato contagiato durante una operazione al cuore subita al San Bortolo, aveva lasciato al suo avvocato una sorta di “memoriale – querela“.

Il contagio veniva addebitato o era causato da un macchinario per la circolazione extracorporea del sangue, che pareva poter trasmettere il batterio.

Il problema era noto dal 2014 e condiviso dalla ditta produttrice con tutti gli acquirenti, tra i quali anche l’Ulss 8 che però, pare continuasse ad utilizzarlo.

Quindi il caso, di anni ne conterebbe una dozzina ma a Vicenza, venne sollevato più tardi dal dottor Demo.

Perché nuovo scalpore?

Perché, mentre ormai si è vicini alla prescrizione, per il caso delle infezioni da micobatterio “chimera” sul quale la Procura  aveva aperto una causa per omicidio colposo, solo lo scorso anno il Pubblico Ministero aveva chiesto la archiviazione.

Non ha invece concordato il Giudice che ha ordinato di procedere e valutare se processare gli imputati che sarebbero due ex direttori sanitari dell’Ulss8 Berica e il primario di Cardiochirurgia.

Le parti coinvolte

Quattro sarebbero state le morti causate dal batterio e di altri due contagiati il Giudice ha chiesto notizia.

Così, proprio per la morte dei quattro pazienti e le lesioni patite da altri, il Giudice Matteo Mantovani, nei giorni scorsi, non ha concordato sulla richiesta di archiviazione e rinviato a processo, come si diceva, due ex direttori sanitari ed il primario, oltre a disporre ulteriori indagini a carico degli ex direttori generali e una dottoressa, tutti imputati di di omicidio colposo.

La richiesta di archiviazione e le opposizioni

Il Pubblico Ministero Angelo Parisi, dal canto suo, aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulle morti da “chimera” scaturita, come detto, dall’esposto dei famigliari del dottor Demo, rappresentati dagli avv. Pier Guido Scarlassara e Nicola Sartore.

Essi si erano opposti all’archiviazione, unitamente ai famigliari degli altri pazienti deceduti e contagianti.

Poiché non solo la ditta costruttrice aveva avvisato gli utilizzatori del macchinario, ma la stessa Regione Veneto aveva scritto a 10 mila pazienti venuti in contatto con esso – ovvero l’Hcu della “Sorin Livanova”, usato da tanti ospedali – ad avviso del Giudice la responsabilità ricade in capo proprio ai vertici dell’Ulss, dai direttori generali al primario, tutti a conoscenza dei rischi derivanti dal batterio “chimera” veicolato con l’utilizzo del macchinario stesso

L’eredità del dottor Demo

In tutto questo, pur dopo tanto tempo, mantiene intatta la sua valenza proprio l’indagine condotta su di sé dal dottor Demo, il quale volle studiare la malattia nella quale era incorso qualche mese dopo l’intervento, e che gli aveva procurato le pesantissime conseguenze che poi lo avrebbero portato alla morte.

Non solo, più tardi furono proprio le indagini del dottor Demo a costituire la base del protocollo redatto dalla Regione Veneto per individuare e curare prontamente l’infezione da “chimera”.

Tanto basta ed avanza, a parere del Giudice, perché la cosa non venga archiviata.

Salvo che la svolta, aggiungiamo noi, non si arrivata troppo sotto ai termini per la prescrizione del tutto.

Il “batterio chimera”

E’ il nome comune di “Mycobacterium chimaera“, ovvero un micobatterio non tubercolare diffuso nell’ambiente, soprattutto in acqua, e generalmente non pericoloso.

Tuttavia, può causare infezioni gravi e potenzialmente letali nei pazienti che hanno subito interventi di cardiochirurgia, poiché l’infezione si trasmette attraverso l’aerosol formatosi dall’acqua dei dispositivi di regolazione della temperatura del sangue (Heater-Cooler Devices) durante l’operazione. I sintomi, che compaiono mesi dopo, includono febbre, stanchezza e calo del peso.

La diagnosi richiede test specifici ed è difficile a causa della lenta crescita del batterio; il trattamento è complesso e di lunga durata, basato su una combinazione di antibiotici.