Fallimento «Mercatone Uno»: dalla città ai piedi del Grappa parte la crociata dei fornitori
Licenziamento avvenuto via Whatsapp o avvisati da un post su facebook; il fallimento di «Mercatone Uno» segna 1800 persone.
Fallimento «Mercatone Uno»: dalla città ai piedi del Grappa parte la crociata dei fornitori
Parte dalla città del Grappa la crociata dei fornitori dopo che il tribunale di Milano ha decretato il fallimento della Shernon Holding, che controllava il marchio di arredi «Mercatone Uno», e dopo che i giudici della sezione fallimentare hanno ritenuto insolvente la società, controllata da un veicolo maltese, non in grado di rimborsare i fornitori già esposti, nel giro di pochi mesi, a 60 milioni di euro. Da segnalare che Shernon si era vista rigettata la domanda del concordato in continuità. Nasce da qui ora la nuova associazione dei fornitori di Mercatone Uno a.s. della quale fa parte, come direttore, anche il coordinatore del tavolo delle attività economiche bassanesi, William Beozzo nella veste di presidente del Veneto di Confimi alla quale aderiscono una buona fetta delle 500 aziende italiane che avevano come cliente la catena dell’arredamento ed oggi risultano essere dei creditori. Da segnalare che i lavoratori di Mercatone Uno, in Italia sono circa 1800 di cui 130 nel Veneto. Alla vicenda sono legati anche tutti quei clienti che avevano già anticipato gli ordini ed i pagamenti. Del problema se ne occuperà ora anche il Ministero dello Sviluppo con l’obiettivo di ripristinare la cassa integrazione. Mentre, all'orizzonte, i fornitori stanno anche studiando la possibilità di convertire i crediti e rilevare l’azienda.
A rischio non solo dipendenti ma anche i fornitori: futuro critico
Il fallimento di «Mercatone Uno» e la vicenda dei suoi 1800 dipendenti licenziati via WhatsApp e Facebook nella notte a cavallo tra venerdì 24 e sabato 25 maggio, sbarca anche a Bassano del Grappa. Dove non ci sono punti vendita e gente lasciata a casa ma quanto la nascita dell’Associazione dei fornitori Mercatone Uno a.s. , nata per tutelare i diritti dei creditori delle società del gruppo Mercatone Uno ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria nel 2015. Tra l’altro nel giugno dell’anno scorso i fornitori che ora hanno costituito la nuova associazione, avevano già presentato un esposto al Mise ed un reclamo al tribunale di Bologna e nel quale erano state ampiamente anticipate le preoccupazioni e le criticità del caso. Nel consiglio direttivo della nuova associazione, nata solo da qualche giorno, anche il bassanese William Beozzo della F.A.R.M srl, in qualità di direttore, oltre al presidente, Francesco Savio, ed ai consiglieri Alberto Castaldi, Gianluca Robuschi, Luca Santaniello , Maurizio Poppi e Vittorio Accarino. Le aziende fornitrici coinvolte nella vicenda Mercatone Uno sono oltre 500 e sono sparse su tutto il territorio nazionale. Il valore dei crediti ad oggi non riscossi sarebbe oggi attorno ai 250 milioni di euro. Tra le società debitrici, oltre a quelle del Mercatone Uno, si è aggiunta ora anche la Shernon Holding srl a cui i commissari straordinari avevano ceduto, nell’agosto del 2019, 55 punti vendita del gruppo. Ma perché è nata questa nuova associazione? L’esigenza, prima di tutti, è stata quella di creare una realtà associativa in grado di tutelate ed informare velocemente tutti i fornitori coinvolti ma sicuramente bisogna anche tener conto dell’accelerazione avvenuta da parte della Shernon Holding srl che, lo scorso aprile, aveva chiesto l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in bianco. E su questa vicenda scende ora anche l’amaro commento del direttore William Beozzo che parla di come si constati:
«Ancora una volta come l’attenzione sia rivolta solo ai 1800 dipendenti del gruppo che rischiano di perdere il lavoro e a cui va comunque tutta la nostra solidarietà ma ricordando anche a tutti i soggetti coinvolti, inclusi i sindacati, che il gruppo Mercatone Uno, negli ultimi anni, è stato finanziato dai crediti non pagati agli oltre 500 fornitori coinvolti. Oggi ,i fornitori di Mercatone Uno rappresentano un indotto di oltre dieci mila persone che vuol dire imprenditori, dipendenti e loro famiglie a cui si sta letteralmente rubando il futuro».