Erano stati indagati dalla Procura della Repubblica di Vicenza, per aver rifiutato di seguire i consigli dei medici, né prestato al figlio adolescente le cure necessarie contro il tumore che poi lo ha ucciso.
Ieri, 11 settembre 2025, i genitori sono stati rinviati a giudizio dal Giudice dell’Udienza Preliminare, Giulia Poi, con l’accusa di “omicidio volontario”: prima udienza dibattimentale il 21 ottobre 2025.
I due, cinquantenni entrambi, sono residenti in provincia ed il loro figlio, iscritto alle scuole medie, era morto all’ospedale San Bortolo di Vicenza all’inizio dell’anno scorso.
La particolare situazione venne segnalata all’Autorità Giudiziaria dai servizi sociali del comune dove abita la famiglia, per cui era stato aperto un fascicolo d’indagine per l’ipotesi di reato sopra citata.
La cruda realtà con cui si stava confrontando la coppia, vorrebbe si fosse potuto parlare di “dramma famigliare” o, almeno, così allora speravano gli stessi avvocati difensori, Lino e Jacopo Roetta, ma dopo gli interrogatori e i pareri le consulenze eseguite dal San Bortolo (“Ma quali cure alternative? Potrebbero essersi detti, i medici della copertina d’archivio)”, così non l’ha vista il Pubblico Ministero.
Proprio gli avvocati all’epoca ebbero a commentare:
“Questi genitori vivono già una pena che nessun tribunale, nessun giudice, potrà aggravare. La contestazione che viene mossa a questi genitori ci sembra un’enormità. Questa coppia sta già scontando il proprio ‘ergastolo’. Detto questo, una volta letti i documenti cercheremo di capire con esattezza le accuse che ci vengono mosse”.
Ora il Tribunale
Ora ai genitori toccherà difendersi in Tribunale con in più il carico morale della morte del figlio, che forse non potrà compensare le ipotesi accusatorie, né salvarli da una accusa tanto pesante.
Chissà che non sia stata solo la situazione creata dalla pandemia dalla quale si era da poco usciti, con la necessità di dividere sempre tutti tra “perfettini” e “negazionisti”, a confinare i poveri genitori dalla parte di quelli che stavano per forza sbagliando.