I protagonisti

Chi sono il gioielliere che ricettava l'oro rubato dai nomadi e l'orafo pensionato che lo fondeva nel suo garage

Al centro dell'indagini anche i figli del vicentino, che hanno una gioielleria in centro città

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Chi sono il gioielliere che ricettava l'oro rubato dai nomadi e l'orafo pensionato che lo fondeva nel suo garage

Si delinea con più chiarezza il quadro investigativo che, nella giornata di giovedì 13 marzo 2025, ha portato oltre 350 Carabinieri di tutto il Veneto (compresi anche quelli delle province di Trento e Rimini) a eseguire sequestri preventivi e perquisizioni nei confronti di 74 soggetti. L'attenzione degli inquirenti si è focalizzata principalmente su un ex gioielliere vicentino e su un pensionato di Gazzo Padovano, sotto inchiesta per riciclaggio in concorso, i quali ricevevano gioielli in oro rubati in rapine e furti in casa da nomadi Sinti, facendoli poi fondere e ricavandoci lingotti da rivendere.

Il gioielliere che ricettava l'oro rubato e l'orafo pensionato che lo fondeva

Secondo l'accusa, formulata in seguito agli accertamenti dei Carabinieri, i gioielli rubati da nomadi Sinti nel Nordest (durante furti in abitazioni, rapine ad anziani per strada o in gioiellerie) venivano recapitati a Lino Frasson, ex gioielliere vicentino di 70 anni, il quale poi consegnava tutto il materiale all'orafo Roberto Carotto, pensionato di Gazzo Padovano. Quest'ultimo, attraverso un forno artigianale allestito nel garage, fondeva tutto l'oro ricevuto, realizzando così lingotti, foglie o pepite, restituiti alla fine a Frasson.

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I forni usati per la fusione degli ori rubati

Sul destino finale di questi prodotti sono ora in corso i rilievi dei Carabinieri, anche se pare lecito ipotizzare che il tutto rientrasse successivamente nei mercati tradizionali puliti.

 

I militari dell'Arma si sono focalizzati su Lino Frasson dopo che hanno documentati circa 730 accessi all’immobile dell’orefice da parte di soggetti, gran parte dei quali pregiudicati per reati contro il patrimonio, che hanno consegnato all’indagato in totale oltre 20 chilogrammi di monili in oro, ricevendo dallo stesso, a pagamento, importi in denaro complessivamente quantificati in oltre 1.350.000,00 euro.

Attraverso lo schema di ricezione dell'oro rubato, della fusione nel laboratorio del pensionato padovano e del successivo riciclaggio, l'ex gioielliere vicentino avrebbe fruttato 1,8 milioni di euro, guadagnandoci così 500mila euro. Questa è stata la somma per la quale il GIP di Padova, Claudio Marassi, ha disposto un sequestro preventivo dai conti bancari di Lino Frasson. Durante il blitz dei Carabinieri, sono stati trovati:

  • 390 mila euro in contanti che Frasson aveva nascosto in un intercapedine del laboratorio in cui riceveva i clienti,
  • altro oro, lingotti come monili da classificare (per un totale di 80 chilogrammi in oro e argento).
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I militari dell'Arma, però, hanno eseguito perquisizioni a carico di altre 70 persone nei campi nomadi di viale Cricoli e Biron di Sotto a Vicenza. Insieme a Lino Frasson e al complice Roberto Carotto, sarebbero indagati anche Ivan e Mara, figli dell'ex gioielliere vicentino, che attualmente gestiscono un negozio in piazza delle Biade.

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CITTADINO

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