Altopiano di Asiago: sbranate dai lupi cinque vitelle, una capra e una mucca. Confagricoltura: "Ora basta"
La Presidente vicentina Anna Trettenero: "Le predazioni di questo inizio stagione sono la prova provata che i sistemi di contenimento tradizionali non sono sufficienti"
Cinque vitelle, una vacca e una capra sbranate dai lupi. È il bilancio di pochi giorni di alpeggio sull’Altopiano di Asiago, dove la stagione del pascolo del bestiame si è aperta la seconda settimana di giugno. Gli allevatori sono molto preoccupati e lo dicono in un gruppo su WhatsApp, dove mostrano le foto delle carcasse delle bestie dilaniate ed esprimono la voglia di tornarsene a casa.
(In copertina: immagine di repertorio)
Bestiame ucciso dai lupi sull'Altopiano di Asiago
A esprimere il sentimento di paura degli allevatori vicentini dell'Altopiano di Asiago è l'associazione Confagricoltura Vicenza che ha raccolto alcune testimonianze da parte di alcuni suoi affiliati colpiti dall'attacco dei lupi.
“Rispetto all’anno scorso la stagione è iniziata molto male – racconta Marco Rigoni, allevatore di Confagricoltura Vicenza che a malga Porta Manazzo ha portato dieci cavalli e 115 manze - Il 10 giugno i gestori di Malga Frolla a Conco, appena arrivati, hanno subito la predazione di una vitella. Il giorno stesso, a malga Dosso di Sotto, uccisa una vacca. L’11 giugno, sempre a Malga Frolla, altra vitella sbranata. Nei giorni successivi una vitella trovata morta a Canove, poi è toccato a una capra a Tonezza, e venerdì scorso, a malga Foraoro di Caltrano, a due vitelle.
Di notte dormiamo con un occhio solo, ma non basta. Abbiamo la fortuna di avere potuto creare un recinto gigante per il bestiame e uno stallone per la notte, ma non è sempre possibile rinchiudere tutti gli animali e in tante malghe la conformazione del terreno impedisce pure di realizzare un recinto. Qualche allevatore dice di volersene tornare a casa, ma non è così facile: si prendono multe salate giornaliere per il mancato carico dei bovini. Quindi si resta qui, con l’ansia di non perdere animali, che si traduce in perdite pesanti in termini di lattazione, di produzioni di formaggi e di bestiame. E poi, se ce ne andiamo, cosa ne sarà del territorio? Erba alta, aumento di zecche e vipere, mancata attrattività per il turismo. Davvero si vuole questo?”.
Le paure degli allevatori
Il cugino di Rigoni, Mirko Pezzin, due anni fa a malga Mazze Inferiori ha perso due manze ed è molto preoccupato per le sue 45 vacche e 45 vitelle. Stesse sensazioni per Angelo Nicolin, che gestisce la malga Camporossignolo e la malga Bertiaga sul Monte Corno.
“Quest’anno ho già dovuto affrontare due assalti – racconta - ma per fortuna i lupi sono scappati. Ma in dieci anni di permanenza estiva sull’altopiano ho perso quasi una cinquantina di bestie tra manze, vitelli, cavalli e pecore. L’anno scorso ho trovato morte una puledra di sei mesi, una vacca gravida e una in lattazione.
Servono decisioni concrete e soprattutto immediate: tre branchi sono troppi, bisogna abbatterli, o portarli altrove. Noi al prossimo attacco carichiamo gli animali e li riportiamo nelle stalle. Così addio alla produzione di formaggi e anche alla festa della transumanza”.
Predazioni e branchi di lupi nel 2022 in Veneto
In Veneto, secondo i dati della Regione, nel 2022 le predazioni sono state 823, opera di almeno 15 branchi che si aggirano in oltre il 20% del territorio. Tre sono stanziali sull’altopiano di Asiago: solo nella zona del Monte Corno, nell’agosto 2023, ci furono cinque predazioni in 45 giorni.
“Proviamo rabbia nel vedere le attività agricole indifese dagli attacchi del lupo che, da anni, imperversa sull’Altopiano – sottolinea Anna Trettenero, presidente di Confagricoltura Vicenza - Le ennesime predazioni di questo inizio stagione sono la prova provata che i sistemi di contenimento tradizionali non sono sufficienti ad arginare il problema.
Sull’Altopiano i lupi, oltre a predare il bestiame dei nostri allevatori, si aggirano tra le case, causando paura nella popolazione. Il sistema d’alpeggio è un’importante voce economica per la montagna vicentina, che dà impiego diretto e indiretto a centinaia di persone. Le statistiche ci dicono che il numero di esemplari sta crescendo in maniera esponenziale. Da tempo sosteniamo che il limite è stato raggiunto e che la fauna selvatica va contenuta”.