Diritti negati

Un 50enne vicentino è l'unica persona al momento in Italia autorizzata al suicidio assistito

Si chiama Stefano Gheller e da quando aveva 15 anni è costretto su una sedia a rotelle, a causa di una grave forma di distrofia muscolare. In Veneto si raccolgono le firme per la proposta di legge regionale "Liberi subito", promossa dall'associazione Luca Coscioni

Un 50enne vicentino è l'unica persona al momento in Italia autorizzata al suicidio assistito
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Domenica 25 marzo 2023, a Vicenza e in alcuni comuni della provincia, si è potuto firmare per la proposta di legge regionale "Liberi subito". Questa raccolta firme, promossa dall'Associazione Luca Coscioni, ha come obiettivo "garantire tempi certi per la procedura di verifica e attuazione" della sentenza Cappato, che - pur non essendo una legge - dal 2019 permette ai pazienti che presentano situazioni intollerabili, e previa verifica dei casi, di autosomministrarsi un farmaco letale e porre fine alle proprie sofferenze. Solo uno di questi casi è noto attualmente in Italia: quello del vicentino Stefano Gheller (Foto di copertina da Facebook).

Il suicidio assistito in Italia e il caso Gheller

Stefano Gheller ha 50 anni e vive da solo a Cassola, nel vicentino.

Da quando aveva 15 anni è costretto su una sedia a rotelle, a causa di una grave forma di distrofia muscolare di cui è affetto sin dalla nascita. La distrofia muscolare, infatti è una malattia genetica, spesso anche ereditaria, che indebolisce i progressivamente i muscoli e le capacità motorie di chi ne è affetto.

Gheller è costantemente collegato a un respiratore e non può usare le braccia se non per piccoli movimenti, questo gli impedisce di mangiare o bere da solo, oltre alla difficolta nel parlare e ai dolori posturali di cui soffre.

A causa della sua malattia e del progressivo peggioramento delle sue condizioni, il 27 giugno 2022 Stefano Gheller ha scritto all'Ulss 7 Pedemontana per chiedere l'accesso legale al suicidio assistito.

L'approvazione è arrivata tre mesi e mezzo dopo, a ottobre 2022. Ma, pur avendo ottenuto l'autorizzazione, Gheller ha deciso di aspettare e di ricorrere a questa pratica in futuro, quando le sue condizioni diventeranno insostenibili.

In Italia manca una legge sul fine vita: la proposta regionale

Stefano Gheller ad oggi è l'unica persona ancora in vita ad aver avuto questa autorizzazione (o privilegio, anche se non dovrebbe essere così) senza dover ricorrere a un lungo iter giudiziario.

Tuttavia, in Italia non esiste ancora una legge sul fine vita.

La legge 219 del 2017 sancisce il diritto alla sospensione delle cure e alla sedazione profonda, ma  non esiste una legge sulla possibilità di autosomministrarsi un farmaco letale. Questa procedura, infatti, è legale solo grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che stabilisce solo quando il suicidio assistito non è punibile, ma non fornisce indicazioni su tempi e attuazione. Ogni singolo caso deve quindi essere esaminato dalle rispettive aziende sanitarie locali.

Come è successo per il caso Gheller, infatti, il richiedente deve presentare all'ASL la documentazione necessaria per la richiesta, che poi dovrà essere esaminata dal personale medico. L'ASL dovrà poi verificare la presenza di quattro requisiti, stabiliti dalla sentenza, che devono coesistere: che il richiedente sia appunto in grado di intendere e di volere, che sia affetto da una malattia irreversibile, e che quest'ultima causi sofferenze fisiche o psicologiche insostenibili, e la presenza di trattamenti di sostegno vitale.

Queste verifiche dovrebbero essere fatte dai medici di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, ma uno dei problemi che si riscontrano più frequentemente è che in questa fase molti enti respingono la richiesta senza verificare le condizioni del paziente, proprio per l'assenza di una legge che regolamenti la procedura.

E' per questo che nella proposta di legge regionale, per cui si stanno raccogliendo le firme, è stata inserita una commissione permanente (che comprende un medico palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere e uno psicologo) e un limite di venti giorni per effettuare le dovute analisi.

Leggi anche la storia di Federico Carboni, il primo malato in Italia ad aver chiesto e ottenuto l’accesso al suicidio medicalmente assistito, la storia di Massimiliano e di Elena, costretti ad andare in Svizzera, la storia di Fabio Ridolfi, che è stato costretto a ripiegare sulla sedazione profonda nonostante il consenso a procedere al suicidio assistito.

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