Situazione critica

Allarme impianti di biogas: “Pagateci di più l’energia o chiudiamo”

Oggi il prezzo dell’energia è di 55 centesimi al kilowattora e le aziende si ritrovano a ricevere bollette di decine di migliaia di euro, quindi due volte superiori a quello che incassano vendendola.

Allarme impianti di biogas: “Pagateci di più l’energia o chiudiamo”
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“Siamo pronti a produrre energia per il Paese, ma il prezzo che adesso ci viene pagato è la metà di quello che costa in bolletta. Devono allinearlo a quello di mercato o porteranno le aziende a chiudere e mettere i dipendenti in cassa integrazione”. Lancia l’allarme Anna Trettenero, presidente di Confagricoltura Vicenza, a nome di tutti gli agricoltori veneti che detengono un impianto di biogas.

Allarme impianti di biogas

In regione sono oltre 250, alimentati con materia prima agricola (mais, grano, sorgo e triticale perlopiù) e sottoprodotti per la produzione di biogas (metano al 56%) e trasformazione in energia elettrica classificata da fonte rinnovabile.

L’occasione per parlarne è la visita all’allevamento La Fattoria di Pietro Omenetto, a Noventa Vicentina, insieme a Beatrice Lorenzin, candidata alle elezioni, che sta cercando di capire qual è l’impatto della crisi energetica sulle aziende del territorio. Un impatto devastante, come spiega Omenetto, che ha 81 anni e conduce l’azienda con il figlio Umberto: 2.000 tori da ingrasso e un impianto di biogas, alimentato in parte con scarti aziendali, che produce 250 kilowatt.

“Su questo impianto abbiamo compiuto un investimento importante – racconta Omenetto -, ma siamo soddisfatti perché ci ha aperto la grande opportunità di creare un’economia circolare: gli effluenti delle stalle finiscono nell’impianto producendo sia energia rinnovabile che digestato, un fertilizzante ricco di sostanze organiche distribuito nei campi. Da alcuni mesi, però, siamo in forte difficoltà. Ci arrivano bollette astronomiche che sono il doppio di quello che incassiamo vendendo energia. E non ci stiamo più dentro. Le bestie hanno bisogno di impianto di condizionamento d’estate, perché soffrono tantissimo il caldo, e poi abbiamo i costi dei mangimi, schizzati alle stelle. Cosa dobbiamo fare? Fermare le pale di raffreddamento? Chiudere l’impianto di biogas? Se i rincari non si fermano sarà la fine”.

Un quadro difficile, come sintetizza Anna Trettenero, affiancata dal direttore regionale Massimo Chiarelli e dal presidente dei giovani di Confagricoltura Vicenza, Elia Negretto.

La maggior parte di questi impianti è entrata in produzione prima della fine del 2012, con una tariffa di 28 centesimi al kilowattora – spiega - . La tariffa era incentivante e apriva le porte alla produzione elettrica sostenibile e rinnovabile in un’ottica di adattamento al cambiamento climatico, remunerava i maggiori oneri legati alla produzione da fonti rinnovabile agricola e creava occupazione nelle zone rurali. Oggi il prezzo dell’energia è di 55 centesimi al kilowattora e le aziende si ritrovano a ricevere bollette di decine di migliaia di euro, quindi due volte superiori a quello che incassano vendendola. Contemporaneamente sono aumentati a dismisura i prezzi delle materie prime agricole e dei loro sottoprodotti. In queste condizioni, gli impianti si trovano in estrema difficoltà finanziaria e sono pronti a ridurre o fermare completamente la produzione, con il rischio di non più ripartire. E se chiudiamo gli impianti, non solo metteremo molti dipendenti in cassa integrazione, ma non li riapriremo più. È un paradosso, quando il Paese necessita di energia e l’energia rinnovabile viene a più riprese invocata come la scelta da percorrere”.

Secondo il direttore regionale di Confagricoltura, Massimo Chiarelli:

“Il prezzo fissato a 28 centesimi deve poter essere rinegoziato. La tariffa deve poter essere riallineata al nuovo valore medio dell’energia. Questo va fatto subito e con effetto retroattivo almeno sugli ultimi due mesi, perché già oggi gli impianti si ritrovano bollette non affrontabili finanziariamente. Diversamente, gli impianti saranno costretti a ridurre o, peggio, a chiudere, la produzione licenziando il personale e saranno in difficoltà nell’onorare i debiti contratti nei confronti delle banche”.

Dopo l’allevamento viene visitata anche l’azienda vitivinicola Piovene Porto Godi, a Villaga, dove l’impianto di irrigazione a goccia dei vigneti si è rivelato ottimale sia dal punto funzionale che nell’ottica del risparmio. Tuttavia i problemi non mancano:

“La siccità ha causato perdite produttive – spiegano Tommaso e Lele Piovene – e il conflitto in Ucraina, con tutte le problematiche annesse, sta causando la difficoltà nel reperimento dei materiali. Tappi, bottiglie e cartoni sono introvabili”.

L’ex ministro Beatrice Lorenzin prende nota:

“Nel Vicentino ho visto un’agricoltura vitale, fatta di tradizione e innovazione, che si trova però ad affrontare le grandi sfide dell’energia e dell’acqua. Due questioni che vanno affrontate con una cabina di regia nazionale e internazionale, ma anche con un coordinamento tra le diverse aree regionali. Bisogna aiutare le aziende a introdurre nuove tecnologie nell’irrigazione che permettano di risparmiare l’acqua e di lavorare e sostenere quelle zootecniche che producono biogas. Oggi, in cui viviamo una profonda crisi energetica, produrre energie alternative diventa un obiettivo prioritario”.

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