L’ultimo saluto a Don Andrea Stevanin
Presenti anche le comunità di Enego e di Conca di Thiene che lo hanno ricordato come un uomo che insegnava di «camminare insieme per fare Chiesa».
Il vento soffiava forte e sbatteva sulle porte, come per entrare e partecipare a quello che è stato l'ultimo saluto a Don Andrea Stevanin, anni 79, che è tornato alla Casa del Padre lo scorso giovedì 7 marzo.
Il funerale di Don Andrea
Il funerale si è svolto lunedì 11 marzo nella chiesa di Campolongo sul Brenta alla presenza di diverse comunità, unite assieme nel ricordo. Proprio in questo paese, sulla riva del fiume Brenta, Don Andrea era nato il 7 giugno 1939. A presidiare la cerimonia il Vicario Generale che ha aperto l momento di preghiera e poi ha lasciato spazio ai ringraziamenti da parte delle realtà che Don Andrea aveva toccato con il suo spirito genuino e saggio.
Il ringraziamento di Enego
Un rappresentante della chiesa di Enego, lo ha ringraziato per i valori cristiani che ha trasmesso alla gente e ha descritto il suo operato con una frase: «I fiumi non bevono la propria acqua. Gli alberi non mangiano i propri frutti. Il sole non brilla per se stesso. I fiori non disperdono la propria fragranza per se stessi. Vivere per gli altri è una regola della natura». Infatti, lui si è dimostrato essere sempre disponibile per gli altri e non mai preteso un giorno per se stesso.
Il ringraziamento di Conca di Thiene
A seguire una rappresentante della Conca di Thiene ha salutato con affetto Don Andrea, dimostrando riconoscenza e gratitudine per il suo operato. Proprio qui, per ventuno anni, ha realizzato diverse opere, ma ciò che è rimasto nel cuore della sua comunità è l’insegnamento che ha dato, ossia «camminiamo insieme per fare Chiesa», un invito a rimanere uniti.
Il levitico
A seguire è stata fatta la lettura del primo capitolo del Levitico, un testo che calzava a pennello con l’ultimo viaggio di don Andrea. Questo perché tale libro è rivolto ai Leviti, a cui apparteneva anche la classe sacerdotale del Signore. Questi, secondo le scritture, erano stati identificati come gli eredi di Dio, non avevano terre in loro possesso, ma avevano tutto ciò che gli bastava, ossia il Divino. Inoltre la figura di Mosè, primo destinatario dei dieci comandamenti, è colui che porta la parola di Dio nel mondo, ricordando, alla fine di un crescendo di proibizioni, che bisogna amare il prossimo come sé stesso. Un’attività che don Andrea ha realizzato in tutto il corso della sua vita, attraverso gesti convinti animati dalla sua cristianità profonda, da una fede matura e genuina, quella che ha sempre cercato di trasmettere alle sue diverse comunità, invitando a relazioni buone e sincere. Questo perché egli era a conoscenza del fatto che il bene è possibile su questo mondo e che quello compiuto da ognuno di noi riesce davvero a fare la differenza.
Il vangelo secondo Matteo
A seguire c’è stata la letture del Vangelo secondo Matteo nella sezione dedicata alla parabola delle pecore e dei capri, le prime accolte nel Regno dei Cieli, mentre i secondi destinati al fuoco eterno. La preghiera ha quindi raccolto i presenti, in momenti carichi di spirito religioso, di commossa partecipazione e di silenzi pensierosi. Tutti hanno rivolto uno sguardo a lui, posto al centro della navata tra il profumo di fiori bianchi e, soprattutto, il profumo del bene di ogni animo che grazie a lui ha imparato ad essere presente per l’altro. «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero un estraneo e mi avete accolto in modo ospitale; ero nudo e mi avete vestito; mi sono ammalato e avete avuto cura di me; sono stato in prigione e siete venuti a trovarmi. Ogni volta che l’avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me».
L'ultimo saluto
Dopo le esequie don Andrea è stato portato a riposare nel cimitero di Campolongo sul Brenta, tra gli applausi e le lacrime. L’ultimo saluto ad un uomo saggio.