Dal tumore "Angelina Jolie" alla gioia della maternità: "Il miracolo del mio piccolo Angelo"
La storia di mamma Daniela e papà Marco, residenti a Bassano, diventati genitori dopo una serie di prove durissime: "Grazie allo Iov".
Dal tumore al miracolo della maternità: la storia di Daniela e del piccolo Angelo.
Dal tumore "Angelina Jolie" alla gioia della maternità
Angelo dorme beato tra le braccia di mamma Daniela e papà Marco, residenti a Bassano. Il nome scelto non è casuale: si chiama così perché è un autentico miracolo.
“Si chiama così per due motivi: perché è un autentico miracolo, e perché mia mamma e il nonno paterno si chiamano Angela e Angelo. Questo nome rappresenta quello che è”.
A Daniela D’Antoni, oggi 42 anni, nel 2016 viene diagnosticato da parte dello IOV - Istituto Oncologico Veneto un tumore al seno con mutazione BRCA1 “Jolie” (dal cognome dell’attrice Angelina Jolie, portatrice sana di BRCA1), cioè un cancro triplo negativo con fattore di recidiva altissimo, al 70%.
La chemio e l'intervento per preservare le ovaie
La donna si sottopone a chemio e mastectomia bilaterale, e poi un innovativo protocollo immunoterapico. Nel 2018 fa un intervento di oncofertilità per mettere in sicurezza le ovaie, perché Daniela vuole fortemente diventare madre. Quello di Daniela è dunque purtroppo un pesante déjà vu.
“Allo IOV mi hanno salvato la vita. Se avessi scelto altri ospedali probabilmente non sarei qui a raccontarmi e a raccontare che ho avuto un figlio”.
E nel luglio 2020, infatti, grazie alla procreazione medicalmente assistita, Daniela corona il suo grande desiderio: la nascita di Angelo, naturalmente sotto stretto monitoraggio, ogni sei mesi.
Lei: "Contenta di condividere la mia storia"
Quella di Daniela, Marco e Angelo è una bellissima storia di condivisione e di speranza. E’ una battaglia che si combatte insieme a più livelli, parentale, medico, umano. E oggi la presenza nel mondo del piccolo Angelo ci insegna che il modo migliore per anticipare il futuro è crearlo.
"Sono contenta di condividere la mia storia, se può servire a qualcuno per far capire che ce la si può fare: è difficile, contano tanto nella malattia e nei tentativi di maternità, la vicinanza e l’affetto di chi ti sta attorno, ma alla fine di questo percorso così accidentato la felicità è allo stato puro. Il mio compagno che continuava a fare il tifo per me e per noi, ripetendo “dai che ce la facciamo”, è stato importantissimo”