Fatture false nel commercio all'ingrosso di abbigliamento: due denunce e oltre 3,5 milioni di euro sotto sequestro
Nella ragnatela dell'operazione "Aracne" condotta dalle Fiamme gialle vicentine, sono finiti P.P., 56enne di Bassano del Grappa, e M.A., 48enne di Mareno di Piave.
Complessa operazione di polizia economico-finanziaria denominata "Aracne" conclusa dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza.
Fatture false nel commercio all'ingrosso di abbigliamento
I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno concluso, nei giorni scorsi, la complessa operazione di polizia economico-finanziaria denominata "Aracne", eseguendo un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un importo superiore a 3,5 milioni di euro emesso dal GIP presso il Tribunale di Vicenza a seguito di indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica.
Nel corso dell’attività sono stati denunciati P.P., 56enne di Bassano del Grappa (VI), e M.A., 48enne di Mareno di Piave (TV).
L'indagine
L’attività investigativa trae origine dalla mirata attività di intelligence condotta dal Gruppo di Bassano del Grappa mediante gli strumenti informatici operativi a disposizione della Guardia di Finanza, finalizzata a contrastare il fenomeno evasivo perpetrato mediante frodi nelle fatturazioni.
Le preliminari analisi del fenomeno hanno permesso di intercettare un complesso meccanismo di fatturazioni fittizie tra diversi soggetti economici che hanno emesso ed utilizzato, dal 2015 al 2019, un giro di fatture false per circa 24 milioni di euro.
L’indagine è stata avviata grazie alle evidenze sul conto di una società che presentava importanti discrasie, per circa 1 milione di euro, tra le operazioni attive realizzate e quelle effettivamente dichiarate al fisco. Una puntuale ricostruzione in vitro delle operazioni permetteva di individuare i due indagati e le imprese ad essi riferibili, sul conto delle quali sono stati sviluppati i successivi approfondimenti, che hanno visto i Finanzieri impegnati, tra
l’altro, in perquisizioni, nell’esecuzione di indagini finanziarie su decine di rapporti e nell’ascolto di migliaia di comunicazioni telefoniche.
Durante le operazioni investigative emergeva l’emissione, da parte di P.P., di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti per decine di milioni di euro a favore delle ditte di M.A., che le annotava nella propria contabilità. Quest’ultimo utilizzava le fatture emesse da P.P. per giustificare l’acquisto in completa evasione d’imposta che in realtà effettuava, in contanti, da diversi soggetti di nazionalità cinese operanti tra le province di Roma, Milano, Padova e Prato.
La perquisizione
Durante le perquisizioni nei confronti dell’indagato M.A., infatti, veniva rinvenuta documentazione inerente in parte l’attività imprenditoriale riconducibile alle proprie aziende, tra cui numerosi documenti di trasporto, in parte, in maniera ingiustificata, l’attività della ditta individuale di P.P.. Presso i computer aziendali delle imprese di M.A., invece, tutte con sede in Codognè (TV), venivano rinvenuti documenti informatici che permettevano di ricondurre espressamente gli articoli fatturati da P.P. a quelli effettivamente acquistati dalle predette imprese cinesi dallo stesso M.A., oltre che i formati digitali editabili delle fatture emesse da P.P., che avrebbero permesso a M.A. di generarsi autonomamente le fatture false d’acquisto indicando in maniera puntuale i prodotti acquistati in nero. In definitiva, il meccanismo evasivo si autoalimentava mediante l’approvvigionamento di merce presso aziende gestite da imprenditori cinesi senza l’emissione di alcun documento fiscale, l’ingresso nella contabilità aziendale grazie alla copertura documentale offerta dall’emittente delle fatture per operazioni inesistenti, il pagamento tracciabile e la successiva retrocessione del denaro contante, dopo plurimi passaggi, dall’emittente all’utilizzatore delle fatture false per il successivo utilizzo del contante per nuovi acquisti.
L’esecuzione delle attività tecniche di intercettazioni telefoniche permetteva di cristallizzare la frode fiscale in atto, dalla quale emergeva come tra M.A. e P.P. non si trattasse di un rapporto cliente-fornitore, quanto piuttosto di una consapevole collaborazione finalizzata ad evadere le imposte.
Nel corso delle indagini, inoltre, emergeva l’utilizzo, da parte di M.A., di altre fatture false, per circa 3,7 milioni di euro, emesse da cartiere diverse da quelle riferibili a P.P. Al termine delle indagini preliminari, P.P. è stato denunciato per violazione degli artt. 2, 4, 5, 8 e 10 del D.Lgs n. 74/2000, M.A. per violazione dell’art. 2 del medesimo D.Lgs., con proposta, nei loro confronti, di sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
Appartamenti e ville sequestrati
La proposta accolta dall’Autorità giudiziaria berica, su segnalazione del Comando Gruppo di Bassano del Grappa, ha permesso di dare attuazione al provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip competente mediante il quale sono stati cautelati in via diretta somme depositate su conti correnti e depositi al risparmio e, per equivalente, 2 appartamenti siti in Caorle (VE) e Conegliano (TV), 1 villa di pregio e 2 terreni in Mareno di Piave (TV). L’attività ispettiva è stata condotta trasversalmente anche in campo amministrativo, con
l’esecuzione di 5 verifiche fiscali nei confronti di altrettanti soggetti economici, con la constatazione di elementi attivi non dichiarati per circa 1 milione di euro e IVA dovuta per circa 3,7 milioni di euro.
L’operazione delle Fiamme Gialle si è sviluppata secondo il dispositivo operativo del Corpo nell’ambito del contrasto all’evasione, all’elusione e alle frodi fiscali, facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria ed è stata condotta trasversalmente tanto sotto il profilo amministrativo-tributario quanto quello penale con il conseguente sequestro preventivo del patrimonio finalizzato alla confisca, che è obbligatoria nel caso in cui il procedimento penale si concluda con la condanna degli indagati.