Denunce infortuni Covid-19 sul lavoro: Vicenza quarta con 651
In Veneto pagare il prezzo più alto le lavoratrici (72%) del settore socio-sanitario (79%) dei casi.
Inail ha pubblicato la scheda regionale con la mappa, aggiornata al 30 settembre 2020, degli infortuni COVID-19 sul lavoro in Veneto.
In Veneto 4.608 denunce
La normativa di legge introdotta dal Governo per il contrasto alla pandemia prevede infatti che i casi di infezione contratti presumibilmente nel lavoro vengano considerati e tutelati come infortunio sul lavoro. E’ bene dire che i dati della scheda vanno analizzati con una premessa: il numero delle denunce non corrisponde automaticamente al quello degli infortuni riconosciuti. Di questi ultimi dati l’Inail non ha ancora fornito i dati.
In Veneto al 30 settembre 4.608 denunce. 10 di casi mortali.
Sul totale di 54.128 eventi denunciati in tutta Italia, 4.608 (l’8,5%) riguardano la nostra regione. Peggio del Veneto quattro regioni: Lombardia (35,2%), Piemonte (15%) ed Emilia Romagna (10,4).
I casi con esito mortale sono fermi da giugno: 10, pari al 3,1 % del totale nazionale (319) dove invece risultano in crescita (+ 67).
Incide il focolaio AIA di Treviso
Sempre in Veneto, rispetto al mese di agosto si sono registrate 299 denunce in più di cui 113 avvenuti a settembre mentre i rimanenti 186 sono relativi ai mesi precedenti. Il repentino incremento di settembre, secondo l’Inail, è dovuto in parte al focolaio sviluppatori in uno stabilimento agroalimentare della provincia di Treviso (AIA).
Le donne le più esposte
Il 72% delle denunce è stato presentato da donne lavoratrici, il 79% da lavoratori del sistema socio-sanitario pubblico e privato.
La scheda Inail conferma che le denunce provengono per il 72% dei casi da donne lavoratrici di cui circa 1.500 in età tra i 50 anni in su. Le lavoratrici che pagano il tributo maggiore alla pandemia sono quelle occupate nel settore “Sanità e assistenza sociale” che comprende ospedali, case di cura e di riposo da cui provengono (maschi e femmine) il 79% delle denunce.
Anche nelle professioni dei denuncianti si evidenzia come il COVID-19 abbia imperversato tra chi opera nelle attività del sistema socio-sanitario: medici, infermieri ed operatori socio-sanitari.
Nel settore manifatturiero (4,3% delle denunce) i lavoratori più colpiti sono i macellatori e i braccianti agricoli.
Verona al primo posto, Rovigo all’ultimo
La distribuzione provinciale delle denunce conferma al primo posto Verona con 1.258 casi e all’ultimo Rovigo con 111. La provincia che ha avuto un balzo in avanti è, come sopra già evidenziato, Treviso da cui a giugno erano pervenute all’Inail 675 denunce, il 16,3% del totale regionale mentre a settembre sono salite a 905 (il 19,6% del totale regionale).
Gianfranco Refosco, Segretario generale Cisl Veneto ha affermato:
“La bassa incidenza di infortuni Covid-19 nel manifatturiero e nel terziario evidenzia il ruolo svolto dai Comitati aziendali, che hanno provveduto a definire i protocolli di comportamento e a vigilare sul loro rispetto. La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori a questi Comitati è stata un valore aggiunto, fondamentale per garantire il massimo della tutela. Ora però non bisogna abbassare la guardia, e serve rilanciare il ruolo degli Spisal, anche rafforzandone l’organico e le risorse a disposizione.
Dall’altro lato l’altissima percentuale di donne vittime da infortunio Covid conferma la centralità del lavoro femminile in questa difficile situazione: nei lavori di cura (sanità e assistenza), nei servizi collegati (pulizie e mense), nelle attività essenziali (distribuzione e agroalimentare in primis), il lavoro è soprattutto femminile, e le donne sono state, e rimangono, le più esposte al rischio. Ben vengano quindi i provvedimenti finalizzati a bloccare una riacutizzazione della pandemia con il conseguente aggravamento delle condizioni di lavoro, anche in termini di sicurezza, negli ospedali e nei luoghi di assistenza. Sono urgenti anche misure per implementare il personale disponibile in tutto il settore socio-sanitario: dai medici, agli infermieri agli operatori socio-sanitari e la Regione deve farsi carico di mettere a disposizione in forma gratuita locali dove ospitare le persone in quarantena che non dispongono di spazi propri adeguati.”.