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Cassa integrazione: "Al Veneto aggiudicati 40 milioni al mese, ma ne servono 200"

L'assessore regionale Donazzan "arrabbiata" con il ministro: "Le risorse sono insufficienti".

Cassa integrazione: "Al Veneto aggiudicati 40 milioni al mese, ma ne servono 200"
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Cassa integrazione: "Al Veneto aggiudicati 40 milioni al mese, ma ne servono 200". “Il Veneto considera  insufficienti le risorse per gli ammortizzatori sociali in deroga. Lo ha ribadito l’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan nel corso dell’incontro in videoconferenza degli assessori al Lavoro delle Regioni italiane (IX Commissione della Conferenza delle Regioni) con il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo.

Il ministro ha proposto il riparto dei 3,3 miliardi di risorse disponibili, ipotizzando un primo decreto per tutte le regioni in base agli addetti, ed un secondo decreto di riparto con il criterio del ‘tiraggio della spesa’.

“Il Veneto ha posto alcune questioni dirimenti e gravi  - riferisce  Donazzan -. La prima è l’insufficienza delle risorse, e in particolare facendo riferimento al primo decreto, quello del 2 marzo 2020 n. 9, che ha stabilito per il Veneto la cifra di 40 mln, ovvero il residuo delle precedenti gestioni di cassa integrazione in deroga, che Inps ha certificato al 2017 per una cifra pari a 58 mln. La seconda questione che ho posto è la iniquità di un riparto che tratta nello stesso modo delle altre le tre regioni già ‘zona arancione’ che hanno sopportato già gravi danni alla propria economia . La terza questione posta è l’esatta determinazione delle risorse che residuerebbe presso ciascuna regione: le risorse da destinare alla cassa integrazione in deroga in tutta Italia vanno definite con criteri oggettivi e certificati”.

“Le risorse sono ampiamente sottostimate per il Veneto – ha denunciato l’assessore al Lavoro nel confronto con il ministro –. Un primo ma puntuale calcolo, fatto incrociando i dati Inps, Veneto Lavoro e Camere di Commercio, fotografa un fabbisogno di circa 200 mln di euro al mese,  solo di cassa integrazione in deroga, a fronte di un'assegnazione, in base al primo decreto del 2 marzo, di appena 40 mln di euro. Soldi, questi, che peraltro sono risorse proprie, frutto di una oculata gestione degli ammortizzatori sociali fatta in Veneto dalle parti sociali”.

“Ho manifestato al ministro Catalfo – prosegue Donazzan  - come il Veneto sia in sofferenza da oltre tre settimane a causa di questa emergenza sanitaria Il nostro turismo, prima industria della regione,  ha accusato un impatto immediato e larga parte delle nostre attività manifatturiere e dei servizi sono chiuse da settimane per il contenimento dell’emergenza Covid. Chiedo pertanto che il riparto delle risorse per gli ammortizzatori tenga tener conto di questa realtà”.

“Sono tornata a chiedere – rimarca l’assessore Donazzan – di conoscere il residuo di ciascuna regione, chiedendo di avere una risposta in merito ai 18 milioni che mancherebbero all’appello al Veneto, in considerazione anche del fatto che questa amministrazione regionale, per parte sua, ha già stanziato nei giorni scorsi ulteriori 5,5 milioni di risorse proprie per gli ammortizzatori sociali”.

“La risposta che ho ricevuto mi ha sconfortata – riferisce Donazzan – Il Ministero ci ha spiegato di non essere in grado, perché non tutte le regioni hanno avuto la certificazione del proprio residuo".

“Una risposta per noi inaccettabile – prosegue –. Chiedo che i criteri del secondo decreto di riparto siano ridiscussi. Non possiamo accettare la proposta del ministro di applicare il mero criterio di tiraggio della spesa. Pretendo che sia fatta chiarezza sulla risorse, perché il momento è grave e ci vuole massima serietà, anche nel validare e certificare le domande di casa integrazione in deroga. Le aziende venete, che non hanno mai abusato del ricorso agli ammortizzatori, in questo momento hanno tutto il diritto di avere una risposta concreta”.

“Il paradigma degli ammortizzatori va cambiato – conclude Donazzan -. In un momento difficile per le aziende e per le casse dello Stato come questo, forse uno sforzo in più in termini di risorse dovrebbe essere destinato a quelle imprese che non mettono i loro dipendenti in cassa integrazione, pur trovandosi nelle condizioni di poterlo fare”.

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