Boris Fietta, proiezionista da Rosà a Venezia
I primi passi al Teatro Montegrappa come volontario, dal 2011 in laguna come professionista e operatore alla Mostra del Cinema.
Boris Fietta, proiezionista da Rosà a Venezia
«Ad un certo punto, durante la visione di un film, mi voltai verso il vetro da cui usciva quel fascio di luce che si trasformava in immagini in movimento sullo schermo. Da lì la curiosità di saperne un po' di più su quel mestiere raccontato bene in “Nuovo Cinema Paradiso”».
E’ una storia affascinante quella di Boris Fietta, proiezionista di professione, innamorato da sempre del grande schermo. Reduce dalla 76esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, classe 1985, ha mosso i primi passi nel mondo del cinema all’interno del Teatro Montegrappa di Rosà, dove per anni è stato volontario proiezionista, e ha continuato poi lungo la sua strada diventando operatore cinematografico di cabina a Venezia.
Come hai mosso i primi passi nel mondo del cinema?
«Al mondo del cinema mi sono avvicinato da piccolo. Già alle elementari, con mio padre che mi portava a vedere i film di animazione. Una passione che poi si è rafforzata alle medie e che mi ha spinto ad informarmi di più sul mondo degli attori, dei registi, dei doppiatori, dei film più famosi e rappresentativi, delle novità del momento e di tutto il lavoro che sta dietro alla realizzazione di un film dalla sceneggiatura alla post produzione. L'idea di fare il proiezionista invece è maturata alle superiori».
Qual è stato il tuo percorso di formazione?
«Ho iniziato all'interno del Teatro Montegrappa di Rosà quando sono stato messo in contatto con il responsabile dei proiezionisti per poter entrare nel gruppo. Era settembre del 2007. Sono stato accolto e mi è stato dato un manuale dove studiare la parte teorica (fisica, onde, termodinamica, proiettori, il lavoro vero e proprio del proiezionista, il primo soccorso) e sono stato messo in affiancamento per qualche mese a proiezionisti di carriera del Montegrappa che facevano quel lavoro di volontariato da anni e ognuno mi ha trasmesso le proprie conoscenze e un po' di passione e rigore. Il 5 dicembre di quello stesso anno sono stato inviato a Vicenza per sostenere l'esame, poi superato bene. Ricordo che il proiezionista incaricato dell'esame disse che io ero stato il più veloce e fluido nel mettere in macchina la pellicola. Da lì sono diventato un volontario del Montegrappa a tutti gli effetti».
Come sei arrivato a Venezia?
«Il mio percorso al cinema di Venezia è iniziato nel 2011 quando, stanco del lavoro come pizzaiolo per pagarmi gli studi e fiducioso di quella piccola esperienza che avevo acquisito in 4 anni da volontario, decisi di cercare di fare questo lavoro sul serio. Dopo aver provato inutilmente a cercare nel circondario ho deciso di provare a chiamare un cinema di Venezia, città dove stavo studiando. Ho parlato con quello che è ancora oggi il mio capo, il responsabile dei proiezionisti di Venezia. Se non mi ricordo male uno delle prime pellicole su cui ho lavorato è stato “Miracolo a Le Havre”. Qualche anno dopo ho passato la selezione per entrare nel gruppo dei proiezionisti della Mostra del cinema di Venezia e da allora lavoro anche per loro ogni anno durante il festival».
Sensazioni e impressioni di un proiezionista.
«Toccare la pellicola con le mani, lavorare al montaggio, il rumore continuo del proiettore, l'avvio della macchina, tutte le operazioni meccaniche da fare mano (apertura lampada, serranda, avvio del lettore ottico per il sonoro). Oggi, col digitale, molto di ciò si è perso, ma rimane l’emozione di chi vive nella cabina di proiezione, il fascino della consapevolezza di essere l'ultimo anello di congiunzione tra lo sceneggiatore/regista e il pubblico. E’ bello vedere i diversi modi in cui il pubblico si emoziona e reagisce alla visione di un film. Significa essere spettatori in modo diverso degli effetti di un lungo lavoro, la chiusura di un cerchio che non perde mai il suo fascino e che ogni volta stupisce e sorprende».