Il racconto di una tragedia

Come si sono salvati i superstiti sulla Marmolada. La sorella di una dispersa: "Perché nessuno li ha fermati?"

Mentre proseguono le ricerche dei dispersi e il riconoscimento delle vittime, qualcuno si chiede se un disastro simile si sarebbe potuto evitare.

Come si sono salvati i superstiti sulla Marmolada. La sorella di una dispersa: "Perché nessuno li ha fermati?"
Pubblicato:
Aggiornato:

Prima una buona notizia: come raccontato da Prima Belluno, la compagnia dei carabinieri di Cavalese, in collaborazione con le autorità della Provincia autonoma di Trento e della Regione Veneto, è riuscita a rintracciare 8 delle 13 persone che si temevano disperse dopo il disastro della Marmolada.

Al momento, quindi, è sceso a 5 il numero delle persone disperse, tutte di nazionalità italiana, di cui non si hanno notizie dal pomeriggio del 3 luglio, quando è avvenuto il crollo del ghiacciaio. Nel frattempo, continua l’azione di riconoscimento delle 7 vittime, accanto alle operazioni di monitoraggio e recupero, mentre il numero dei ricoverati è sceso a 7.

LEGGI: Tragedia Marmolada: bilancio morti, feriti e dispersi IN AGGIORNAMENTO

Tra i superstiti del disastro della Marmolada, ora, a mente lucida, c'è chi sta cercando di ripercorrere quei momenti drammatici, rilasciando forti testimonianze di quanto accaduto. Una tragedia che ha lasciato tutti senza parole e a cui ora si cerca di capire se ci potesse essere stato anche solo un modo per evitarla.

"Sabato che c'era l'acqua che scorreva sotto il ghiacciaio - afferma la sorella di Erica Campagnaro, dispersa insieme al marito Davide Miotti - perché nessuno ha fermato le persone? Perché le hanno lasciate andare? Era una bella giornata di sole, sì per carità, ma se sotto scorre l'acqua. Secondo me c'è una responsabilità, andremo a fondo".

Marmolada, come si sono salvati i superstiti

Mentre stanno continuando le operazioni di ricerca dei dispersi e di riconoscimento delle vittime, si sta cercando di capire, grazie alle testimonianze dei superstiti, quanto è accaduto nel corso del pomeriggio del 3 luglio, quando è avvenuto il crollo del ghiacciaio della Marmolada.

"Sono incredula. Io ero lì. Mi sento molto, molto fortunata: tempi diversi, scelte diverse avrebbero sicuramente prodotto esiti diversi. In montagna ci vuole sempre un po' di fatalismo, perché puoi valutare i rischi ma alcune cose sono imponderabili".

Queste sono le parole di Alicia Chiodi, appassionata di montagna che il giorno della tragedia aveva percorso la via normale della Marmolada arrivando in vetta attorno alle 11.30.

"Ho attaccato la normale verso le 8.30 e siamo saliti, c'erano un sacco di persone, forse un centinaio, anche un bambino sui 12 anni, e alcune sul sentiero attrezzato che sale sulla Spalla dell'Asino e probabilmente sono quelle rimaste sotto".

Una volta raggiunta la vetta, in quella che all'apparenza sembra una giornata come le altre in alta montagna, il disastro improvviso:

"Abbiamo sentito questo rumore che non siamo riusciti a riconoscere. Non ci siamo resi conto di quello che stava succedendo perché era dal primo mattino che si sentivano elicotteri".

A quel punto, Alicia racconta di aver preso una scelta decisiva poiché, se avesse ripercorso la via normale, sarebbe andata incontro ad un epilogo diverso:

"Scesi dalla ferrata siamo arrivati sul ghiaione e siamo passati sopra i detriti. Lì abbiamo capito, guardando in su. Abbiamo visto questa voragine azzurra sulla cima. Massi di ghiaccio anche da 60-70 centimetri di diametro più o meno alla quota del rifugio Ghiacciaio, a 2.700 metri di altitudine".

Sulla cima della Marmolada c'erano anche un escursionista e la sua fidanzata, sfiorati dalla valanga:

"Ci siamo abbracciati forte e siamo rimasti accucciati mentre la massa di ghiaccio ci passava davanti".

Tra i "miracolati", anche Alberico Cocco, 57enne vicentino, uno dei direttori di escursione del Cai di Malo:

"Io e altri 5 compagni possiamo effettivamente definirci "miracolati", dato che la zona in cui è avvenuto il distacco l'abbiamo attraversata nella giornata di sabato. Tutto per caso: avevamo trovato posto per dormire solamente nella notte tra venerdì e sabato, in un altro rifugio".

Alberico Cocco fa parte della stessa sezione Cai di altri vicentini che risultano dispersi, tra i quali Filippo Bari, il ragazzo di 27 anni che ieri sulla Marmolada si era fatto un selfie, finito poi su tutti i social.

"Avevo sentito telefonicamente Filippo nella giornata di venerdì, solo un contatto veloce al cellulare: a lui avevo detto della nostra gita il sabato, lui mi aveva informato che sarebbero saliti domenica, ma senza precisare in quanti fossero".

Il 57enne vicentino, poi, riguardo le condizioni della Marmolada afferma:

"Frequento la Marmolada da metà degli Anni Settanta, e non l'ho mai vista in condizioni così disastrose, a causa del caldo. Mai mi era successo di salire il ghiacciaio in maniche corte. Si sentiva qualcosa muoversi sotto, ogni tanto c'era qualche piccolo distacco. Salendo abbiamo notato dei crepacci aperti. Alla sera, tornando a casa in macchina, ci siamo detti che effettivamente avevamo vissuto una situazione rischiosa".

La sorella di una dispersa: "Perché nessuno li ha fermati?"

Mentre continuano le ricerche dei dispersi e il riconoscimento delle vittime, in tanti si stanno interrogando sulle modalità con cui una tragedia simile si sarebbe potuta evitare. A porsi queste domande, ad esempio, è la sorella di Erica Campagnaro, la donna di Tezze sul Brenta (Vicenza), dispersa assieme al marito Davide Miotti sulla Marmolada. Secondo lei la responsabilità è di qualcuno. Queste le sue parole all'Ansa:

"Sabato che c'era l'acqua che scorreva sotto il ghiacciaio, perché nessuno ha fermato le persone? Perché le hanno lasciate andare? Era una bella giornata di sole, sì per carità, ma se sotto scorre l'acqua. Secondo me c'è una responsabilità, andremo a fondo".

La sorella di Erica Campagnaro
Seguici sui nostri canali